Costituiscono minuta o puntuazione di contratto tanto i documenti che regolano solo parzialmente il futuro regolamento di interessi tra le parti (c.d. puntuazione di clausole) quanto i documenti che predispongano in modo completo un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (c.d. puntuazione completa di clausole). In relazione a quest′ultima fattispecie, qualora si intenda dimostrare che non trattasi di contratto concluso, bensì di semplice minuta con puntuazione completa di clausole, è necessario superare la presunzione semplice di avvenuto perfezionamento del contratto; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, Sezione Seconda, con la sentenza del 30/01/2020, n.2204, nell′analizzare gli oneri probatori gravanti sulla parte che ritenga non essersi, nell′ambito delle situazioni suddette, perfezionato il contratto. La vicenda sottoposta all′attenzione della Suprema Corte vedeva protagonista Tizio, il quale conveniva innanzi al Tribunale di Napoli: a) la società Alfa (poi società Beta) e la società Delta, chiedendo la risoluzione del contratto preliminare del 7/12/2000 tramite il quale le predette società si erano impegnate a vendergli un complesso industriale (appartenente alla società Alfa) ed un appezzamento di terreno (appartenente alla società Delta) ad esso adiacente, con l′obbligo, altresì, di restituirgli la somma di Lire 150.000.000 versata a titolo di caparra; b) la società Gamma, chiedendo la revoca ai sensi dell′art.2901 c.c. del contratto del 13/04/2001, tramite il quale la società Alfa (poi divenuta società Beta) le aveva venduto i beni già promessi in vendita a Tizio. Il Tribunale di Napoli accoglieva le doglianze di Tizio, rilevando l′effettivo inadempimento delle convenute società; in effetti, nonostante in sede di stipula del definitivo la società Beta aveva dichiarato l′immobile oggetto di vendita (complesso industriale) libero da pesi e trascrizioni, esso era, da un lato, risultato gravato da ipoteca volontaria a favore di un istituto di credito per la somma di Lire 800.000.000 e da un pignoramento, dall′altro, manchevole della documentazione relativa alla conformità urbanistica, nonché difforme dai dati catastali. In virtù di tanto, il Tribunale di Napoli dichiarava la risoluzione di entrambe le vendite (complesso industriale e terreno), ritenendo sussistere un collegamento funzionale tra le due, poiché Tizio non avrebbe acquistato un singolo immobile in assenza dell′altro, condannando, altresì, entrambe le società alla restituzione della caparra. Avendo, quindi, il Tribunale accertato un credito a favore di Tizio nei confronti delle suddette società, accoglieva anche la domanda di revoca ex art. 2901 c.c. del contratto del 13/04/2001. Tutte le società coinvolte proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, ma la Corte di Appello confermava in toto la impugnata sentenza, e ciò in virtù delle seguenti considerazioni: a) la scrittura privata del 7/12/2000 va intesa quale contratto preliminare e non come semplice puntuazione, giacché la stessa ne presenta tutti gli elementi essenziali, ovvero l′oggetto della compravendita, il prezzo e le modalità di pagamento; b) l′iscrizione ipotecaria gravante sull′immobile costituisce grave inadempimento delle promittenti venditrici, tale da legittimare la risoluzione del contratto; c) sussistono nella fattispecie in esame i presupposti fondanti l′azione revocatoria, giacché, secondo l′orientamento dominante in materia, l′art.2901 c.c. contempla una nozione lata di credito, comprensiva anche della ragione o aspettativa, sicché la fonte di acquisizione di esso diviene del tutto irrilevante, e ciò in quanto l′azione in esame non persegue scopi restitutori, essendo finalizzata, invece, a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore; in definitiva, la Corte di Appello rigettava integralmente gli appelli proposti dalla suddette società. Avverso la sentenza della Corte di Appello ricorreva in Cassazione solo la società Gamma, ovvero la terza acquirente dei beni già promessi in vendita a Tizio, sostenendo in buona sostanza la validità del contratto da essa stipulato e, conseguentemente, la erroneità della sentenza di secondo grado.
La Suprema Corte deduceva in merito quanto segue.
Ebbene, La Corte di Cassazione riteneva, in merito alla scrittura del 7/12/2000, che trattasi effettivamente di contratto preliminare e non semplice minuta, in quanto ne presenta tutti gli elementi essenziali, ovvero oggetto della vendita, prezzo e modalità di pagamento; ciò poteva essere sconfessato unicamente dalle appellanti in secondo grado, che avrebbero dovuto in quella sede dimostrare che la scrittura in oggetto configurasse una semplice minuta e non un contratto preliminare; tuttavia, pur avendone l′onere, alcuna prova è stata fornita dalle società. Dopo aver ribadito che rientrano nella nozione di "minuta o puntuazione" del contratto, per la quale e′ indispensabile l′esistenza di un documento sottoscritto da entrambe le parti, tanto i documenti che contengano intese parziali in ordine al futuro regolamento di interessi (cosiddetta puntuazione di clausole), quanto i documenti che predispongano con completezza un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (cosiddetta puntuazione completa di clausole), la Cassazione sottolineava come il regime probatorio è profondamente diverso nelle due ipotesi; in effetti, la prima ipotesi denota una presunzione iniziale di mancato accordo, salva la dimostrazione concreta che solo a quelle clausole aveva riferimento un accordo raggiunto tra le parti; mentre la seconda ipotesi denota una presunzione semplice di avvenuto perfezionamento del contratto, superabile dalla prova contraria della effettiva volontà delle parti non volta all′attuale raggiungimento di un accordo. Da ciò si deduce che se una parte (il principio può applicarsi tranquillamente anche nei confronti del terzo) ritenga che una determinata scrittura, comprendente gli elementi essenziali di un contratto, non costituisca un preliminare bensì una mera minuta con puntuazione completa di clausole, ha l′onere di superare la presunzione semplice di avvenuto perfezionamento del contratto, fornendo prove concrete dalle quali evincersi la diversa volontà delle parti. In particolare, innanzi ad una scrittura privata debitamente sottoscritta dalle parti e contenente una regolamentazione completa del negozio, con clausole essenziali ed accessorie, la mancanza di volontà delle parti ad obbligarsi definitivamente deve emergere, anche implicitamente, dalla scrittura stessa, la quale deve essere letta alla luce dei criteri ermeneutico-interpretativi derivanti dagli artt. 1362 c.c. e ss.; nella fattispecie in esame, la Cassazione sottolineava come la ricorrente non avesse mai nel corso del giudizio di merito eccepito che la corretta interpretazione della scrittura de qua avrebbe fatto emergere una volontà delle parti contraria al perfezionamento del contratto. La ricorrente riteneva che la non configurabilità della scrittura in questione quale contratto preliminare emerge anche dalle carenze della stessa, atteso che, a suo dire, non presenta gli elementi essenziali del contratto di compravendita, come, ad esempio, l′oggetto, poiché la dicitura complesso industriale ed annesso terreno è troppo generica, o ancora i dati catastali, del tutto omessi; in definitiva, la scrittura va considerata, secondo la ricorrente, quale semplice puntuazione o, al più, quale preliminare del preliminare, contratto atipico invalido qualora non persegua interessi considerati meritevoli dall′ordinamento. La ricorrente, in particolare, riteneva invalida la scrittura de qua, da qualificarsi preliminare del preliminare o semplice puntuazione, in quanto, nel caso di specie, non perseguirebbe gli scopi e gli interessi pratici che, in linea generale, giustificherebbero la stipula di tali negozi atipici, come, ad esempio, l′esigenza di acquisire elementi di conoscenza sulla persona della controparte, o di verificare lo stato della cosa o la situazione urbanistica o comunque di effettuare ricerche necessarie; tuttavia, a dire della ricorrente, nulla di ciò emerge dalla scrittura. La Cassazione non ha condiviso tale ricostruzione, e ciò in virtù del fatto che nell′ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso tra le parti, non è sufficiente contrapporre sic et simpliciter la chiave di lettura ritenuta corretta con quella applicata nel caso concreto dal giudice di merito, dovendosi, invece, necessariamente invocare i criteri ermeneutici di cui agli artt.1362 c.c. e ss. oppure il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. In ossequio al principio di specificità dei motivi del ricorso nonché al principio di autosufficienza di esso, prosegue la Corte, la parte deve necessariamente trascrivere le clausole dalle quali emergerebbe la effettiva volontà delle parti; ciò nel caso in esame non è stato fatto, sicché la Corte rigettava tale doglianza.
La ricorrente, infine, contestava l′accoglimento della azione revocatoria promossa da Tizio, fondando la contestazione sulla presunta inesistenza del credito vantato dal suddetto; più precisamente, la società Gamma riteneva che l′azione revocatoria possa essere esercitata solo da chi sia titolare di una aspettativa di diritto in senso proprio e, quindi, non da chi vanti un credito litigioso, in quanto privo di attualità e concretezza. In aggiunta a tale doglianza principale, la ricorrente esponeva altresì: a) la domanda di accertamento del credito e di restituzione della caparra avanzate da Tizio sono successive rispetto all′acquisto effettuato dalla società Gamma, come può evincersi dagli assegni circolari utilizzati per effettuare il pagamento, sicché il terzo (la società Gamma) non poteva conoscere le modalità di nascita del presunto credito; b) la corte di Appello ha ritenuto sussistere in capo all′acquirente la scientia damni, nonostante non vi siano prove concrete che costui conoscesse la potenzialità lesiva degli interessi creditori dell′atto; c) censurava, infine, l′operato della Corte di Appello laddove quest′ultima ha ritenuto, rilevandolo d′ufficio, non provato l′esborso di denaro per l′acquisto degli immobili, atteso che la copia degli assegni circolari prodotti ritraggono solo la parte frontale e non anche il retro; a tal proposito, la ricorrente sosteneva che l′eccezione di mancato pagamento non sia rilevabile di ufficio e Tizio in merito nulla ha mai dedotto. La Cassazione rigettava tutte le eccezioni testé riportate, in quanto il rigetto dei primi motivi di impugnazione ha comportato il passaggio in giudicato della sentenza di appello relativamente alla configurabilità della scrittura privata quale contratto preliminare nonché il definitivo accertamento dell′inadempimento delle società coinvolte nella vicenda, con il conseguente definitivo accertamento del credito vantato da Tizio nei loro confronti; oltre a ciò, rilevava che, in ogni caso, l′esercizio della azione revocatoria non richiede l′esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo, invece, sufficiente una semplice aspettativa di credito, poiché siffatta azione è finalizzata alla conservazione della integrità del patrimonio del debitore. Osservava, altresì, che per l′esercizio della azione revocatoria non è richiesto che l′atto dispositivo impugnato comprometta totalmente la sfera patrimoniale del debitore, essendo, all′uopo, sufficiente che esso renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, situazione che può derivare da qualsivoglia variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore (nella fattispecie in esame, si è ritenuto che la sostituzione di un immobile con denaro derivante dalla compravendita comporti una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale). Inoltre, ai fini dell′esperimento dell′azione revocatoria, nel caso in cui l′atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, è richiesta la sola consapevolezza in capo al debitore di pregiudicare le ragioni creditorie tramite l′atto, diminuendo la garanzia patrimoniale; identica consapevolezza è richiesta in capo al terzo contraente nel caso di atti a titolo oneroso. Passando ad analizzare gli oneri probatori, la prova di quanto sopra può essere fornita anche tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito e, pertanto, incensurabile in sede di legittimità.
In ultima analisi, la Corte di legittimità osservava che le doglianze sollevate dalla ricorrente necessitano una rivalutazione dell′attività istruttoria compiuta nei gradi precedenti, del tutto inammissibile in sede di legittimità, giacché la valutazione delle prove è attività riservata al giudice di merito. In virtù di siffatte considerazioni, la Cassazione non poteva che confermare quanto assunto dalla Corte di Appello, sussistendo nella fattispecie in esame tutti i presupposti previsti dalla legge per l′esperimento della azione revocatoria tra i quali anche la consapevolezza da parte del terzo di pregiudicare le ragioni creditorie, tant′è che, nel corso dell′intero giudizio, sono emersi diversi indizi dai quali desumersi la scientia damni in capo al terzo (la società Gamma), come, ad esempio, il prezzo pagato nettamente inferiore rispetto a quello promesso da Tizio. Tra l′altro, come già detto, non è stato provato dalla società nemmeno l′effettivo versamento del prezzo pattuito, e il fatto che Tizio in merito nulla abbia eccepito è irrilevante, in quanto il mancato pagamento del prezzo rappresenta una questione che il giudice, nel valutare la scientia damni dell′acquirente, può senz′altro esaminare d′ufficio; né rileva, infine, che gli assegni utilizzati fossero circolari, idonei di per sé a dimostrare l′avvenuto pagamento, giacché in caso di pagamento mediante consegna di assegno circolare, l′estinzione dell′obbligazione con l′effetto liberatorio del debitore si verifica solo quando il creditore acquista concretamente la disponibilita′ giuridica della somma di denaro. Il ricorso, dunque, veniva rigettato nella totalità.
In definitiva, si traggono dalla decisione in commento i seguenti principi di diritto: "nella nozione di minuta o puntuazione del contratto rientrano tanto i documenti che contengono intese parziali in ordine al futuro regolamento di interessi tra le parti (cd. puntuazione di clausole), quanto i documenti che predispongano con completezza un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (cd. puntuazione completa di clausole). Mentre la prima ipotesi denota una presunzione iniziale di mancato accordo, salva la dimostrazione concreta che solo a quelle clausole aveva riferimento un accordo raggiunto tra le parti, la seconda integra, al contrario, una presunzione semplice di perfezionamento contrattuale, superabile dalla prova contraria della effettiva volontà delle parti non volta all′attuale raggiungimento di un accordo. In tale secondo caso, la parte o il terzo che abbiano l′interesse a dimostrare che non si tratta di un contratto concluso ma di una semplice minuta con puntuazione completa di clausole, hanno l′onere di superare la presunzione semplice di avvenuto perfezionamento del contratto, fornendo la prova concreta della insussistenza della volontà attuale di accordo negoziale". L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da:
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