Si pone in attenzione la sentenza n. 426/2025, resa dalla Corte di Appello di L′Aquila, avente ad oggetto la qualificazione di contratto di un accordo di vendita della casa coniugale stipulato tra i coniugi nell′ambito delle condizioni della separazione consensuale omologata.
In particolare, era accaduto che uno dei coniugi chiedesse all′altro risarcimento dei danni per perdita di chance derivanti dalla mancata vendita dell′immobile in comproprietà, così violando uno specifico obbligo delle condizioni di separazione. Nell′accordo, le parti non avevano stabilito né il prezzo dell′immobile né il periodo di vigenza dell′obbligo di vendita, limitandosi ad assumere l′impegno di vendere la casa coniugale e di dividerne equamente il ricavato (previa estinzione dei finanziamenti accesi).
A fronte di tanto, la Corte di Appello, nel rilevare la mancanza di ogni riferimento al prezzo di vendita o a criteri che potessero consentire la sua determinazione , afferma che
"Tale accordo non può dunque ritenersi idoneo ad assumere la natura di contratto per la mancanza di uno degli elementi essenziali, che deve necessariamente risultare in forma scritta ai sensi degli artt. 1350 e 1351c.c. poiché l′accordo concerne un bene immobile.
Invero, secondo i condivisibili principi affermati ripetutamente dalla Corte di Cassazione, nel contratto concernente la costituzione ovvero il trasferimento di diritti reali nonché in quello in cui si assume l′obbligo di tale trasferimento, il prezzo, quale elemento essenziale, deve essere necessariamente indicato (Cass., 24 febbraio 2022, n. 39441; Cass., 27 agosto 20220, n. 17932). La stessa Corte ha pure costantemente precisato l′impossibilità di sopperire alla carenza della predetta indicazione attraverso la disposizione dell′art. 1474 c.c., cioè attraverso il riferimento al prezzo normalmente praticato dal venditore. Tale criterio, infatti, riguarda solo il caso di merci di larga produzione oggetto di molteplici contrattazioni e non anche i beni appartenenti ad un genere limitato e i beni "unici" (Cass., 16 gennaio 2006, n. 719;Cass., 23 luglio 2004, n. 13807). Quindi l′accordo in esame è inidoneo a costituire una fonte di obbligazione per le parti, cosicché dalla sua eventuale inosservanza la responsabilità da inadempimento non può comunque derivare".
Alla luce di tale qualificazione dell′accordo, inidoneo ad essere sussunto nel tipo di contratto ad effetti obbligatori per mancanza di un elemento essenziale, la domanda di risarcimento del danno proposta dal coniuge deve ritenersi infondata per l′insussistenza dei relativi presupposti.
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