1.IL PRINCIPIO L′annullamento della ordinanza con cui il sindaco dispone la misura del trattamento sanitario obbligatorio non implica, di per sé, che il destinatario del provvedimento dichiarato illegittimo, qualora intenda ottenere il ristoro dei danni patiti come conseguenza del trattamento subito, sia esonerato dal dimostrarli; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez. III°, con la ordinanza del 19/12/2024, n.33290.
2.NORMATIVA DI RIFERIMENTO L′art.33, comma 3, della Legge 23/12/1978, n.833, prevede:
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
3. IL CASO Tizio conveniva in giudizio il Sindaco del Comune Alfa, l′ASL, alcuni medici dell′Ospedale Beta, il Vigile Urbano Sempronio ed il Maresciallo dei Carabinieri Caio, chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali per essere stato sottoposto per nove giorni a trattamento sanitario obbligatorio, dichiarato in seguito illegittimo da parte del giudice. Il provvedimento veniva disposto a seguito di un diverbio che vedeva coinvolto Tizio ed un suo vicino di casa presso la piazza del Comune Alfa durante una sagra, sedato grazie all′intervento delle forze dell′ordine (vigili e carabinieri); in seguito, i medici dell′ospedale Beta chiedevano il TSO nei confronti di Tizio, la cui ordinanza veniva sottoscritta dal Sindaco del Comune di Alfa.
La domanda veniva rigettata sia in primo che in secondo grado; in particolare, il Tribunale rilevava che l′illegittimità del provvedimento che dispone il TSO non attribuisce automaticamente il diritto a conseguire il risarcimento dei danni non patrimoniali, atteso che le conseguenze dannose devono essere dimostrate positivamente, mentre dall′istruttoria espletata non era emerso alcun concreto pregiudizio risarcibile patito da Tizio. Di fatti, il danno non patrimoniale non sussiste mai in re ipsa. Tra l′altro, era ben noto che Tizio avesse già avuto in passato problemi relazionali e, pertanto, la circostanza che il vicino l′avesse bollato come matto era dovuto non al ricovero forzato, quanto al contesto sociale che si era già creato per i suoi atteggiamenti. Inoltre, Tizio decideva, di sua spontanea volontà, di trattenersi presso l′ospedale ulteriori due giorni rispetto ai nove disposti dal provvedimento coattivo e tale comportamento equivaleva ad un implicito riconoscimento della utilità del trattamento sanitario. Pertanto, la domanda risarcitoria veniva rigettata; proposto gravame, i giudici di secondo grado confermavano la sentenza resa dal Tribunale; infine, Tizio impugnava la sentenza della Corte di Appello innanzi alla Corte di Cassazione.
4. IN BREVE: LA PROCEDURA PER SOTTOPORRE UN SOGGETTO A TSO La ordinanza n.33290 del 19/12/2024 riassume in maniera chiara e concisa le procedure finalizzate alla emissione della ordinanza sindacale che dispone il TSO:
"La sottoposizione ad un trattamento limitativo della libertà personale quale il TSO, che si accompagna anche ad eventuali terapie farmacologiche o nei casi estremi a misure di contenzione personali imposte, per preservare la salute e la sicurezza prima di tutto del paziente in condizioni di fragilità psichica e di quanti vengano a contatto con lui, avviene all′esito di una complessa procedura (analiticamente ricostruita da Cass. n. 509 del 2023) che si articola in una richiesta a doppia firma volta a segnalare la necessità di sottoposizione al trattamento, proveniente dal medico di medicina generale di un ospedale pubblico e controfirmata dallo specialista di psichiatria del medesimo ospedale, preceduta necessariamente dalla visita di entrambi al paziente, in una ordinanza sottoscritta dal sindaco come autorità di vigilanza del territorio in materia sanitaria, a sua volta sottoposta al vaglio del controllo da parte del giudice tutelare (e quindi del giudice ordinario, perché idonea a determinare la compressione di un diritto fondamentale). 5.LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Per quanto di interesse nella presente sede, Tizio deduceva di aver richiesto il risarcimento danni non in virtù di un danno alla salute, ma per la sofferenza patita per la ingiusta privazione della libertà personale, per il discredito subito e per essergli stati somministrati forzosamente potenti antipsicotici, lamentando la violazione da parte del giudice di merito degli artt. 2043 e 2059 c.c., 2, 13 e 32 Cost, nonché dell′art. 5 della Convenzione Europea dei diritti dell′uomo.
La Corte riteneva la doglianza fondata, in virtù delle seguenti considerazioni.
In via preliminare, la Corte ricorda che il TSO può essere disposto anche senza il consenso informato del paziente, qualora le sue forti alterazioni psichiche richiedano urgenti interventi terapeutici, non sia possibile adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere e il paziente rifiuti gli interventi terapeutici proposti.
Nel caso di specie, la procedura prevista dalla Legge per sottoporre il paziente a TSO veniva formalmente osservata; tuttavia, l′ordinanza sindacale che disponeva il trattamento era stata annullata in quanto si accertava che fu adottata in totale mancanza di adeguata motivazione.
Epperò l′illegittimità ed il conseguenziale annullamento del provvedimento non esonerano il destinatario dal dimostrare puntualmente i danni che sarebbero derivati dalla misura restrittiva; di fatti, come in ogni altro caso in cui sia allegato il verificarsi di un danno non patrimoniale, scaturente come conseguenza da un determinato evento dannoso, l′esistenza del medesimo deve comunque essere oggetto di prova, non potendo derivare con carattere di automaticità dall′annullamento del provvedimento autorizzativo del TSO . In poche parole, la Corte di Cassazione rileva che ai fini dell′accoglimento della domanda risarcitoria devono sussistere tutti gli elementi tipici della responsabilità da fatto illecito.
Nella questione posta all′attenzione dei giudici di legittimità, il fatto illecito materiale, consistente nella illegittima privazione della libertà personale e nella forzata sottoposizione a trattamento antipsicotico e farmacologico, era stato accertato dall′annullamento dell′ordinanza sindacale che disponeva il TSO. Nondimeno, la domanda veniva rigettata sotto il profilo dei danni ingiusti risarcibili. Invero, la Corte di Appello rigettava la domanda per mancata prova delle conseguenze dannose; ciò, tuttavia, - ed è qui che si è sostanziato l′error del giudice di secondo grado - in virtù di considerazioni del tutto inidonee a sorreggere la decisione e comunque errate in diritto.
Nel criticare la motivazione della decisione di appello, i giudici della Corte di Cassazione osservano che è senz′altro giusto sostenere che l′illegittima sottoposizione a TSO non sia assolutamente equiparabile alla ingiustificata detenzione, per la quale è prevista dalla Legge un indennizzo forfettario calcolabile sulla base dei giorni di ingiustificata privazione della libertà personale, indipendentemente dalla prova del danno; ciò in quanto la riparazione per ingiusta detenzione rappresenta un istituto speciale, applicabile esclusivamente alla fattispecie di ingiusta detenzione cautelare disposta in ambito penale e, in quanto tale, non applicabile in via analogica ad altre fattispecie.
Dall′altro lato, però, qualora sia sottoposta al giudice una domanda risarcitoria per illegittimo TSO, essa va necessariamente analizzata in tutti i suoi elementi costitutivi e non può essere rigettata per mancanza di prova se non preceduta da idonea attività istruttoria; in effetti, la Corte di Appello rigettava la domanda di Tizio per carenza di prova senza accogliere preliminarmente le sue istanze istruttorie, ovvero prova testimoniale e CTU medica, rigettate in assenza di specifica e puntuale analisi. Osserva la Corte di Cassazione che non è stato di fatto consentito a Tizio di provare il pregiudizio subito sotto il profilo della sofferenza e della perdita di considerazione sociale. La compressione della libertà personale, diritto costituzionalmente tutelato, derivante dal TSO, legittima senz′altro il destinatario del provvedimento a chiedere il risarcimento di eventuali danni, indipendentemente dal fatto che ne sia derivato o meno un danno alla salute; infatti, Tizio aveva richiesto il risarcimento dei danni per la sofferenza patita, per la lesione alla propria immagine e alla considerazione sociale, mai lamentando specifici danni fisici. Danni che non gli è stato consentito provare.
A tal riguardo, non rileva, come pure ha fatto intendere la Corte di Appello, che Tizio fosse una persona problematica, in quanto afflitto, già prima del ricovero forzato, da disturbi di natura psichica e che non godesse di una buona reputazione; la Corte di Appello riteneva erroneamente che tali aspetti rappresentassero una condizione ostativa alla apprezzabilità delle conseguenze dannose dell′illecito. Secondo la Cassazione, invece, ciò rende il relativo accertamento semplicemente più complesso, ma senz′altro non impossibile; in effetti, seguendo il ragionamento dei Giudici della Corte di Appello si giungerebbe alla estrema quanto inaccettabile conseguenza che gli episodi di violenza, minaccia o privazione della libertà personale posti in essere nei confronti di persone fragili o, comunque, ai margini della società, non producono mai alcun danno, poiché esse, da un lato, già non hanno una elevata considerazione sociale, dall′altro, essendo psicologicamente fragili, non sono in grado di percepire il peso delle umiliazioni o di soffrire a causa della privazione della libertà.
In virtù delle suesposte considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello.
6. SECONDO PRINCIPIO DI DIRITTO Sulla scorta di tali premesse, si trae da Cass., sez. III, 19/12/2024, ord. n. 33290 il seguente, ulteriore principio di diritto:
"I comportamenti illeciti possono rilevare sotto il profilo del danno conseguenza come danno non patrimoniale, nelle sue componenti della sofferenza pura e del danno dinamico relazionale, anche nei confronti di una persona psicologicamente fragile e che non goda di elevata considerazione sociale, perché ogni persona ha diritto a non essere coinvolta illegittimamente in episodi che mettano (ancor più) a repentaglio il suo equilibrio e la sua reputazione pubblica. Diversamente opinando si arriverebbe all′estrema, inaccettabile conseguenza, di affermare che gli episodi di violenza, di minaccia, di dileggio che si consumano a danno di persone psichicamente instabili o comunque che si collocano ai margini della società, e di illegittima privazione della libertà personale nei confronti di queste persone non producono mai alcun danno perché queste persone anche prima non godevano di elevata considerazione sociale o perché le stesse, avendo un equilibrio fragile e instabile, non sono in grado di avvertire il peso delle umiliazioni o di soffrire per la privazione della propria libertà (fattispecie relativa ad una richiesta di risarcimento dei danni in caso di trattamento sanitario obbligatorio non convalidato e dichiarato illegittimo)".
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