02-09-2024

Quando un terzo esercita l′azione di simulazione contro un atto di compravendita allegando indizi sufficienti a dimostrarne l′avvenuta simulazione, l′onere di provare l′avvenuto pagamento del prezzo incombe sull′acquirente

A tal fine non basta la dichiarazione delle parti, contenuta nell′atto pubblico, che il prezzo è stato pagato, trattandosi per l′acquirente di dichiarazione a sé favorevole


1.IL PRINCIPIO

Qualora l′azione di simulazione di un contratto di compravendita sia proposta da un terzo, il quale - in ottemperanza agli articoli 2697 e 1417 del codice civile - indichi indizi sufficienti del carattere fittizio dell′alienazione, è l′acquirente che viene ad essere gravato dell′onere di provare l′effettivo pagamento del prezzo. Dinanzi al terzo attore in simulazione, tale onere non può dirsi osservato in forza della dichiarazione delle parti - contenuta nel rogito notarile - che il prezzo è stato versato, trattandosi per l′acquirente di una mera dichiarazione favorevole a sé. É quanto statuito dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza del 29/02/2024, n.5372.

2.I FATTI

Tizia vendeva alla figlia Tizietta un fabbricato con annesso terreno; Caio e Sempronio, fratelli di Tizietta, convenivano innanzi al Tribunale la madre e la sorella al fine di ottenere la declaratoria di nullità dell′atto di compravendita per mancanza assoluta di volontà, giacché a loro dire la mano della madre al momento della firma era stata accompagnata, contro la sua volontà, da Tizietta. In via subordinata, lamentando la lesione della propria quota di legittima, chiedevano la riduzione dell′atto pubblico di acquisto, poiché la compravendita impugnata dissimulava, in realtà, una donazione indiretta, non essendo stato versato il prezzo a favore della venditrice. Il Tribunale rigettava le richieste degli attori, sicché questi ultimi impugnavano la sentenza innanzi alla Corte di Appello, proponendo, altresì, querela di falso avverso l′atto di compravendita; la Corte di Appello, ritenuta l′ammissibilità della querela, rinviava il giudizio di falso innanzi al Tribunale, che lo reputava infondato. Caio e Sempronio, quindi, proseguivano il giudizio di falso sino innanzi alla Corte di Cassazione, stante il rigetto delle loro doglianze anche in sede di appello. Tuttavia, anche il ricorso ai giudici di legittimità non dava loro gli esiti sperati, essendo stata confermata la bontà di quanto statuito nel grado di merito. Sicché, Caio e Sempronio riassumevano l′originario giudizio di appello avente ad oggetto la nullità e/o simulazione dell′atto pubblico. Pure tale giudizio di merito si risolveva in un nulla di fatto, avendo i giudici di secondo grado confermato la sentenza del Tribunale; detta decisione, quindi, veniva impugnata dai predetti innanzi alla Corte di Cassazione, la quale accoglieva parzialmente il ricorso in virtù delle seguenti considerazioni.

3.LA DECISIONE DELLA CORTE

Come primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione del giudicato esterno derivante dal rigetto della querela di falso, poiché a loro avviso il giudicato ha ad oggetto solo il fatto che la madre ha firmato l′atto alla presenza del notaio, senza nulla statuire in merito alla circostanza che la sua sottoscrizione sia stata forzata dalla figlia.
Nell′esaminare il motivo di ricorso, i giudici di legittimità rammentano che la sentenza impugnata ha statuito che la nullità della compravendita era configurabile in caso di mancanza assoluta di volontà per essere stata la mano della parte forzata. Diverso invece il caso del semplice aiuto o della influenza psicologica, che configurerebbe una ipotesi di violenza morale, causa di annullamento e non già nullità di un atto pubblico. A tal riguardo, correttamente i giudici del merito rilevavano che Caio e Sempronio non avevano mai proposto azione di annullamento sul fondamento della violenza morale. Tuttavia, il fatto che la mano di Tizia fosse stata forzata era incompatibile con il giudicato formatosi sulla querela di falso; di qui, il rigetto della domanda principale di nullità.
Tale essendo il quadro giuridico e di fatto della decisione impugnata da Caio e Sempronio, la Corte di Cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, affermando che il carattere fidefaciente dell′atto pubblico concerne i fatti che il notaio attesta essere avvenuti alla sua presenza ed esclude in forza del principio di non contraddizione - il contestuale avvenire in tale sede di fatti incompatibili con quelli. Sicché, se il notaio attesta che una persona ha sottoscritto un atto alla sua presenza, ciò esclude che la firma sia stata apposta da una persona diversa ed esclude anche che la mano della persona sia stata guidata a sottoscrivere da una forza fisica applicata da altri. Invece, non è compresa nella natura fidefaciente dell′atto pubblico la violenza morale che induce a sottoscrivere, la quale però è fatto costitutivo di domanda di annullamento del rogito, mai proposta da Caio e Sempronio. Correttamente, dunque, il giudice di merito ha fatto interpretazione del giudicato esterno.
Col secondo motivo di ricorso, i ricorrenti censuravano l′operato della Corte di Appello sotto il profilo della violazione degli artt. 2697 e 1322 c.c. laddove, da un lato, aveva ritenuto che l′onere della prova relativo all′effettivo pagamento del prezzo gravasse su di loro e non sull′acquirente; dall′altro, non aveva dichiarato nullo per difetto di causa il negozio di compravendita stipulato in assenza di corrispettivo; sotto il profilo dell′art. 2697 c.c., i ricorrenti rilevano che per il principio di vicinanza della prova e per l′impossibilità di dimostrare un fatto negativo, il pagamento del prezzo doveva essere provato dall′acquirente; per quanto concerne invece l′art.1322 c.c. Caio e Sempronio deducono che l′atto impugnato, in quanto atto apparente di vendita non assimilabile ad alcun tipo nominato previsto dal codice civile, è nullo per difetto di causa, stante la non configurabilità nel nostro ordinamento di un atto atipico a titolo gratuito.
Dinanzi a tali allegazioni, la Corte di Appello rigettava le domande di Caio e Sempronio in quanto non sussistevano elementi probatori sufficienti ad accertare l′avvenuta simulazione, avendo i venditori e compratori dichiarato nel rogito che il corrispettivo era già stato pagato.
La Corte accoglieva il secondo motivo di ricorso, in virtù delle considerazioni che seguono.
Quando un terzo esercita l′azione di simulazione di un contratto di compravendita, fornendo elementi indiziari sufficienti a dimostrare il carattere fittizio dell′alienazione, l′onere della prova relativo all′effettivo pagamento del prezzo incombe sull′acquirente; detto onere non può considerarsi assolto tramite la dichiarazione contenuta nel rogito che il prezzo è stato pagato, trattandosi di dichiarazione a sé favorevole. Pertanto, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di Appello in diversa composizione.

4.LA MASSIMA

Ciò stante, si traggono da Cass., II° sez. Civ., 29/02/2024, n. 5372, il seguente principio di diritto: "Qualora l′azione di simulazione di un contratto di compravendita sia proposta da un terzo, il quale - in ottemperanza agli articoli 2697 e 1417 del codice civile - indichi indizi sufficienti del carattere fittizio dell′alienazione, è l′acquirente che viene ad essere gravato dell′onere di provare l′effettivo pagamento del prezzo. Dinanzi al terzo attore in simulazione, tale onere non può dirsi osservato in forza della dichiarazione delle parti - contenuta nel rogito notarile - che il prezzo è stato versato, trattandosi per l′acquirente di una mera dichiarazione favorevole a sé".

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