Il coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un′inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, risultando a tal fine insufficiente l′astensione degli altri partecipanti dall′uso della cosa comune. É quanto statuito dalla Corte di Cassazione, Sez.VI, con la ordinanza del 03/11/2022, n.32413. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonista Tizia, la quale proponeva domanda di usucapione innanzi al Tribunale di Gaeta nei confronti di Caia e Cesare, i quali conseguivano i beni oggetto della domanda a titolo di successione ereditaria in seguito al decesso di Sempronia; dal momento che all′epoca dell′apertura della successione di Sempronia Caia era minorenne, l′attrice era stata nominata sua protutrice. I primi due gradi di giudizio si concludevano con l′accoglimento della domanda di usucapione, sulla scorta dell′assorbente considerazione che Tizia aveva esercitato un possesso esclusivo su tutti i beni ereditari; pertanto, Caia e Cesare impugnavano la sentenza della Corte di Appello di Roma innanzi alla Corte di Cassazione. In particolare, i ricorrenti lamentavano violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1144 e 2697 c.c. in relazione all′art.360, comma 1, n.3, c.p.c., unitamente al travisamento di fatti essenziali e alla omessa motivazione su un punto decisivo ai fini del giudizio. In particolare, la corte di merito avrebbe errato nel non ritenere necessario, in caso di usucapione del bene comune, che la disponibilità del bene fosse dovuta a tolleranza nell′ambito di ragioni di carattere familiari, atteso che Tizia era stata protutrice di Caia per oltre quattro anni. In definitiva, mancherebbe la prova che l′attrice avesse escluso i familiari dal godimento dei beni, sì da configurare un possesso uti dominus. La Suprema Corte reputa il ricorso fondato. Il principio che governa la materia del contendere è radicato in Cass. Civ. Sez.II, 22.1.2019, n. 1642, a mente del quale il coerede che, dopo la morte del "de cuius", sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un′inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", risultando a tal fine insufficiente l′astensione degli altri partecipanti dall′uso della cosa comune. Sulla scorta di tale principio, sostiene la Corte, è di limpida evidenza l′error in cui è incorso il giudice di merito, atteso che le dichiarazioni dei testi escussi, che hanno costituito il fulcro probatorio della decisione, hanno senz′altro riferito del possesso esercitato da Tizia sui beni ereditari sin dalla morte dei genitori di Caia, ma non hanno nulla precisato in ordine alla esclusività del suo godimento, ovvero alla estromissione degli altri coeredi di qualsivoglia possibilità concreta di esercizio del possesso. A tal uopo, precisa la Corte di Cassazione, non è sufficiente che gli altri coeredi si siano semplicemente astenuti dall′uso della cosa comune, atteso che è principio consolidato della materia che la coabitazione col de cuius e la disponibilità delle chiavi del bene immobile non sono indice di possesso esclusivo. Pertanto, poiché manca nella sentenza di merito qualsiasi riferimento alle modalità dell′estensione del possesso in termini di esclusività, anche in considerazione dei rapporti tra le parti, il ricorso va accolto con rinvio alla Corte di Appello di Roma. In ultima analisi, si trae da Corte di Cassazione, Sez.VI, ord. n. 32413 del 03/11/2022, il seguente principio di diritto: Il coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un′inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, risultando a tal fine insufficiente l′astensione degli altri partecipanti dall′uso della cosa comune. L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da:
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