É possibile impugnare un testamento adducendo che il testatore, nel momento in cui lo redigeva, non era in grado di intendere e di volere; la relativa prova, tuttavia, non è limitata a questo momento, giacché può essere desunta dalle condizioni mentali del testatore in epoca posteriore o anteriore al testamento, potendo l′incapacità essere dimostrata con qualsiasi mezzo. É quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez.II, con la ordinanza del 31/12/2021, n.42124. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonisti Tizia, Caio e Cornelia (figli di Luciano), nonché Lucrezia e Ottavia (figlie di Aurelia, sorella di Luciano) i quali evocavano in giudizio Mevia e Flavia (figlie di Augusto, fratello a sua volta di Luciano ed Aurelia), nonché Lucullo (anch′egli figlio di Aurelia), esponendo che Cesare, germano di Aurelia, Augusto e Luciano, deceduto in data 10/12/2009, aveva lasciato a sé succedere essi attori, figli dei premorti fratelli, e il suo germano Augusto; senonché, con testamento olografo dello 04/08/2008 Cesare nominava eredi il fratello Augusto unitamente alle sue figlie, Mevia e Flavia; Augusto, però, rinunciava all′eredità. Su tali premesse, Tizia, Caio e Cornelia chiedevano accertarsi la nullità della scheda testamentaria per difetto di autografia, nonché per mancanza di data e valida sottoscrizione; in subordine, chiedevano disporsi l′annullamento del testamento per incapacità del testatore; per l′effetto dell′accoglimento delle sue esposte domande, chiedevano quindi dichiararsi aperta la successione legittima di Cesare, con condanna di Mevia e Flavia al rilascio dei beni ereditari. In primo grado, il Tribunale accoglieva le richieste degli attori in quanto il testamento era scritto in stampatello e non vi erano prove che il de cuius fosse solito utilizzare tale carattere. Impugnata la decisione da parte di Mevia e Flavia, la Corte di Appello riformava la sentenza resa in prima istanza, riconoscendo che in linea di diritto un testamento redatto in carattere stampatello non pone ex se problemi di validità in relazione al requisito della olografia, bensì, problemi di prova in presenza di avverse contestazioni sulla sua autenticità. A tal riguardo, i giudici di secondo grado mettevano in luce che l′esperto nominato dal Tribunale attribuiva "con elevata probabilità" lo scritto al de cuius. Epperò, tale elevata probabilità poteva assurgere a giudizio di giuridica certezza, atteso che era stato provato che il testatore già in passato era solito alternare l′uso del corsivo con lo stampatello. Quanto alla eccezione di incapacità del testatore, la Corte di Appello rilevava che gli attori non avevano fornito la prova dello stato di incapacità al momento della redazione della scheda testamentaria, poiché, da un lato, la espletata consulenza tecnica d′ufficio aveva concluso che non era possibile stabilire se il testatore fosse privo della capacità di autodeterminarsi al momento della stesura delle disposizioni di ultima volontà, dall′altro, esisteva un certificato medico, emesso lo stesso giorno del testamento, dal quale non risultava uno stato mentalmente debilitato. Sicché, i giudici di secondo grado concludevano per la validità dell′impugnato testamento. Ciò stante, Tizia, Caio, Lucrezia e Ottavia proponevano ricorso per cassazione avverso la resa sentenza, cui resistevano con controricorso Mevia e Flavia. Per quel che interessa nella presente sede, appare opportuno soffermarsi sul terzo ed ottavo motivo di ricorso. I ricorrenti deducevano in primis violazione degli artt. 602 e 606, comma 1, c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., lamentando che il requisito dell′autografia non sarebbe compatibile con l′uso dello stampatello, salvo che si dimostri che il testatore ne facesse un uso costante ed abituale, cosa che, a loro dire, nei gradi precedenti non era emersa. Ebbene, il Collegio, nel giudicare la doglianza infondata, evidenzia che sia la dottrina che la giurisprudenza di legittimità (Cass. n.31457/2018) ammettono la validità del testamento scritto con caratteri in stampatello purché la scrittura sia riferibile al testatore, escludendo il solo caso in cui vi sia una schematica imitazione dello stampato; ciò non solo nel caso in cui il de cuius non era solito utilizzarlo, ma financo laddove non avesse mai fatto uso di quello specifico carattere, atteso che l′art.602 c.c. non pone fra i requisiti necessari l′abitualità della scrittura, limitandosi ad indicare l′autografia. Nel caso specifico, tra l′altro, la perizia calligrafica espletata nel corso del giudizio di merito attribuiva "con elevata probabilità" lo scritto al testatore. A tale dato, la Corte di appello aggiungeva la valutazione di ulteriori elementi, tra cui quattro cartoline, che dimostravano che il testatore già in passato aveva fatto uso dello stampatello. Pertanto, proseguono i giudici della Corte di Cassazione, "una volta riconosciuto che l′uso dello stampatello non pone un problema di validità, ma di prova della provenienza, tali considerazioni si risolvono in un apprezzamento di fatto esente da vizi logici o giuridici e perciò incensurabile in questa sede". A mezzo dell′ottavo motivo, invece, i ricorrenti denunziavano violazione degli artt. 591 e 2697 c.c. in relazione all′art. 360, comma 1, nn. 3,4,5 c.p.c., lamentando che la Corte di Appello negava l′incapacità del testatore senza aver preliminarmente esaminato le prove documentali offerte e senza aver considerato le istanze di prova all′uopo formulate. Il motivo di ricorso viene accolto dai giudici del Supremo Collegio. Osservano in primo luogo che ai sensi dell′art.591, comma 1, c.c., la capacità di testare rappresenta la regola mentre l′incapacità è l′eccezione; da ciò consegue che la prova della incapacità del testatore al momento della redazione del testamento deve essere senz′altro rigorosa, ma può essere fornita con ogni mezzo dalla parte che l′abbia dedotta. Anche se ai fini della invalidità del testamento è necessario dimostrare che l′incapacità del testatore deve esistere al momento dell′atto e non genericamente al tempo dell′atto, la regola non implica però che la prova deve necessariamente limitarsi a tale momento; il giudice di merito, infatti, può trarre la prova dell′incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali in epoca anteriore o posteriore al testamento, sulla base di una presunzione, potendo l′incapacità essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova (Cass., 26873/2019; 6236/1980; 2666/1975; 3411/1978). Ebbene, nel ripercorrere il ragionamento seguito dai giudici di merito nel decidere della fattispecie sottoposta alla loro cognizione, i giudici di legittimità osservano che la impugnata sentenza, sul presupposto che la prova della incapacità del testatore va fornita da chi la invochi, aveva dato rilievo a quella parte della espletata consulenza tecnica di ufficio in cui si rilevava che Cesare "al momento della redazione del testamento era affetto da un disturbo neuro-cognitivo maggiore con una gravità che poteva oscillare da lieve (capacità di produrre testamento) a moderata-grave (incapacità di produrre testamento)... con variazione di gravità che poteva essere anche repentina e momentanea. Il Ctu ha quindi concluso ritenendo che non fosse possibile stabilire se il (XXXXX) fosse o meno assolutamente privo della coscienza e del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi al momento della redazione del testamento olografo". Sulla scorta di questa premessa, la Corte di Appello ha giudicato insussistente la prova dell′incapacità del testatore al momento esatto della redazione del testamento, anche perché era in atti un certificato medico ad esso coevo attestante che quel giorno il paziente non presentava stato confusionale. Di poi, i giudici di secondo grado hanno precisato che le disposizioni testamentarie, volte a beneficiare il fratello ancora in vita e le figlie di lui, "apparivano conformi a un criterio di normalità". Ebbene, sostiene al riguardo la Corte di Cassazione che le espressioni utilizzate dai giudici di secondo grado lasciano intendere che la decisione non è fondata sul positivo riscontro di uno stato di capacità del testatore, tant′è che i rilievi aventi ad oggetto il certificato medico o il contenuto della scheda testamentaria hanno la finalità di suffragare il convincimento circa la mancanza di una prova certa o comunque sufficiente della incapacità del testatore al momento dell′atto. Pertanto, in applicazione dell′art. 2697 c.c., hanno rigettato la domanda proposta dagli attori sulla incapacità del testatore. Epperò, l′error in cui è incorsa la Corte d′Appello consiste nella non corretta applicazione proprio dell′art. 2697 c.c., il quale impone al giudice di decidere della controversia solo dopo aver valutato e considerato le istanze di prova provenienti dalle parti; nel caso di specie, da coloro che abbiano impugnato il testamento. Nella fattispecie "gli attori, con la seconda memoria ex articolo 183 c.p.c., comma VI, avevano articolato capitoli di prova per testimoni e istanze di esibizione delle cartelle cliniche relative a un pregresso ricovero del defunto presso l′Azienda Ospedaliera Universita′ di (OMISSIS), <
>. Si chiese inoltre l′acquisizione del fascicolo dell′amministrazione di sostegno del Tribunale di Pordenone, Sezione distaccata di San Vito al Tagliamento (l′esistenza del procedimento risulta dalla stessa sentenza impugnata)". Alla luce di tanto, non essendo la impugnata decisione fondata sul positivo accertamento della non incapacità del testatore, bensì sul mancato assolvimento dell′onere della prova da parte degli attori al momento della formazione del testamento, i magistrati di legittimità giudicano la sentenza errata nella parte in cui non dà corretta applicazione all′art. 2697 c.c. a mente del quale il giudice non puo′ rigettare una domanda, ritenendola non provata, senza esaminare le prove richieste, né per accoglierle, né per rigettarle o comunque disattendendo una richiesta non inammissibile di prova (Cass. n. 9952/2017; n. 26538/2017). Sicché, non potendo il giudice omettere di considerare le istanze di prova formulate dalla parte che impugna il testamento, in particolare quelle formulate dagli attori nel corso del giudizio di primo grado attraverso la seconda memoria ex art.183, comma sesto, c.p.c., il Collegio cassa la gravata sentenza, rinviando alla Corte di Appello per riesaminare la domanda di annullamento del testamento proposta da Tizio, Caia, Cornelia, Lucrezia e Ottavia. In conclusione, si trae da Cass., sez. II, ord. 31-12-2021, n. 42124 il seguente principio di diritto: Se è vero che ai sensi dell′articolo 591, comma 2, n. 3, del codice civile, la prova dell′incapacità del testatore deve esistere al momento dell′atto e non genericamente al tempo dell′atto, è anche vero che la regola non implica che la prova debba limitarsi a tale momento. Il giudice di merito può trarre la prova dell′incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali in epoca anteriore o posteriore al testamento, sulla base di una presunzione, potendo l′incapacità essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova. L′immagine nel rispetto degli altrui diritti è tratta da: Carta foto creata da wirestock - it.freepik.com