L′intermediario finanziario, preliminarmente all′acquisto di titoli ad alto rischio da parte di un investitore che non rivesta le caratteristiche dell′investitore abilitato o professionale, è obbligato a fornirgli dettagliate informazioni relativamente ai rischi connessi all′operazione di investimento, anche qualora il suddetto manifesti una certa propensione al rischio. Se l′intermediario finanziario non adempie all′obbligo in oggetto, l′eventuale danno patito dal cliente è risarcibile e consiste nell′essergli stato posto a carico un rischio che, in presenza di adeguate informazioni, non si sarebbe accollato; esso va liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell′acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria. É quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez.I, con la ordinanza del 28/10/2021, n.30532. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonisti Tizio, Caio e Sempronio, i quali convenivano innanzi al Tribunale di Venezia la Banca Alfa, poiché quest′ultima aveva acquistato per loro conto uno stock di obbligazioni della Repubblica Argentina senza essere stati preventivamente informati circa l′elevata rischiosità connessa all′operazione di investimento; il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che la Banca avesse, in realtà, adempiuto agli obblighi informativi. La sentenza veniva pertanto impugnata innanzi alla Corte di Appello di Venezia, la quale, pur accertando l′inadempimento della Banca Alfa in merito agli obblighi informativi su di essa gravanti, rigettava comunque il proposto gravame, in quanto gli appellanti non avevano subito alcun danno, e cio′ in ragione sia del ricavo da loro percepito a seguito della vendita dei titoli acquisiti aderendo all′offerta pubblica di scambio che l′emittente aveva formulato nel 2010, sia della riscossione delle cedole delle obbligazioni entrate a far parte del loro portafoglio; sicché, Tizio, Caio e Sempronio proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia. I ricorrenti sottolineavano gli errores della decisione dalla Corte di Appello, la quale aveva posto in relazione il capitale investito al momento dell′acquisto dei titoli, e quindi, la perdita patrimoniale subita, con la somma in seguito complessivamente conseguita dall′investimento, tramite la riscossione delle cedole e la vendita delle obbligazioni avvenuta nel 2010. In particolare, lamentavano che il giudice distrettuale avesse posto a confronto entità numeriche disomogenee, omettendo ogni valutazione circa la naturale fruttuosità del denaro e circa il danno medio tempore da loro sofferto,non pronunziandosi, quindi, sulla domanda di rivalutazione del credito. In sostanza, deducevano che la Corte di merito avesse erroneamente posto in relazione il capitale investito con la somma complessivamente ritratta dall′investimento, somma, in realtà ricavata dalla vendita delle obbligazioni avute in concambio a seguito dell′adesione degli attori all′offerta pubblica formulata dall′emittente titoli. A mezzo degli ulteriori due motivi di ricorso, per un verso, deducevano un′omessa pronunzia sulla domanda di rivalutazione monetaria della somma determinata a titolo di risarcimento, per l′altro, si dolevano del fatto che la Corte avesse impropriamente ritenuto che non avessero offerto elementi per la quantificazione del danno ulteriore. La decisione della Corte di Appello veniva altresì impugnata in via incidentale dall′istituto di credito, il quale riteneva di aver pienamente adempiuto agli obblighi informativi su di esso gravanti, giacché al momento dell′acquisto dei titoli il quadro economicofinanziario dell′Argentina non era tale da far presagire il successivo default del 2001. A ciò aggiungasi che l′operatività dei ricorrenti nel periodo successivo a tale default aveva dato ampia conferma della loro propensione al rischio. Infine, l′istituto di credito impugnava il capo della sentenza inerente il nesso di causa tra l′inadempimento dell′intermediario e il danno sofferto dall′investitore. In particolare, assumeva che gli attori avrebbero dovuto provare che laddove fossero stati adempiuti gli obblighi informativi applicabili alla fattispecie, essi non avrebbero acquistato i titoli contestati. Ebbene, il Collegio, reputando fondati i tre motivi di ricorso principale, rilevava preliminarmente che l′obbligazione di risarcimento del danno, quand′anche derivante da inadempimento contrattuale, rappresenta debito di valore; pertanto, va quantificata considerando la svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione. In virtù di tanto, per liquidare il danno lamentato dai ricorrenti era necessario operare la rivalutazione omogeneizzando i valori monetari da confrontare, ovvero quelli relativi alle perdite e quelli concernenti gli incrementi patrimoniali; tale omogenizzazione va operata attraverso uno dei criteri di seguito indicati, tra loro alternativi: esprimere in moneta attuale tutti i valori, rivalutando dall′epoca del fatto la somma equivalente all′entita′ del danno e dall′epoca del versamento quella riscossa per la vendita dei titoli; ricondurre quest′ultimo importo al valore che, in termini di espressione monetaria, avrebbe avuto all′epoca del fatto produttivo del danno, rivalutando poi la differenza tra le somme da comparare; rivalutare l′importo originariamente equivalente al danno sino all′epoca della vendita dei titoli, raffrontare i valori a quella data e rivalutare la differenza da tale data all′attualita′; rapportare il valore monetario del prezzo di vendita e del danno a una data intermedia e quindi effettuare il calcolo tra il dare e l′avere (si vedano: Cass. 3 settembre 2005, n. 17743; Cass. 15 luglio 2009, n. 16448; Cass. 17 luglio 2009, n. 16726; con riferimento alla quarta soluzione e′ indifferente quale sia la data da assumere, essendo decisivo, invece, che tutti i valori pecuniari da prendere in considerazione siano rapportati alla medesima). Analoghi criteri avrebbero dovuto poi adottarsi avendo riguardo agli importi percepiti in forza delle cedole, pure da ragguagliare, nel valore della moneta, alle altre somme che rilevano ai fini della quantificazione del danno. Quanto gli ulteriori due motivi di ricorso, in virtù dei quali gli attori si dolevano della mancata corresponsione degli interessi compensativi a titolo di maggior danno rispetto a quello da ristorare a mezzo della sola rivalutazione monetaria, la Corte spiega che è′ certo possibile che la mera rivalutazione monetaria dell′importo liquidato non valga a reintegrare pienamente il creditore, il quale va posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato se il pagamento fosse stato tempestivo: in tal caso e′ pero′ onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo. Come questa Corte ha avuto modo di rilevare, tale effetto dipende prevalentemente dal rapporto tra la remunerativita′ media del denaro e il tasso di svalutazione nel periodo in considerazione, essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia inferiore al secondo un danno da ritardo non e′ normalmente configurabile (Cass. 13 luglio 2018, n. 18564). Ebbene, nel caso di specie gli attori non hanno offerto tale prova. Accertata la fondatezza della doglianza manifestata dai ricorrenti, il Collegio esamina il ricorso incidentale presentato dalla Banca Alfa, il quale viene puntualmente reputato infondato. Di fatti, come la stessa Corte di Appello di Venezia rilevava, già nel corso del biennio 1997-1999 i titoli acquistati dai ricorrenti erano considerati di problematico rimborso; pertanto, la Banca Alfa avrebbe dovuto fornire informazioni estremamente dettagliate in merito agli stessi, non essendo sufficiente un generico richiamo alla rischiosità di titoli ad alta redditività potenziale. Ciò è in linea con il consolidato orientamento espresso a più riprese dalla Corte di Cassazione, in virtù del quale gli obblighi informativi a carico dell′istituto di credito vanno sempre correlati al caso concreto, al fine di soddisfare le esigenze specifiche del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente. Alcun rilievo, altresì, riveste la propensione al rischio manifestata dal cliente che non sia un investitore abilitato o professionale, giacché tale caratteristica non elimina, né attenua, gli obblighi informativi dell′intermediario; in linea generale, l′intermediario deve fornire informazioni specifiche non limitandosi ad illustrare quelle facilmente accessibili del prodotto, considerando, altresì, che quanto più è elevato il rischio dell′investimento tanto più puntuali devono essere le informazioni fornite, al fine di appurare in modo certo che il cliente sia conscio dei rischi connessi all′investimento. Osserva, infine, il Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in presenza di inadempimento da parte dell′intermediario degli obblighi informativi, si presume la sussistenza del nesso di causalità fra detto inadempimento ed il danno patrimoniale subito dal cliente. Muovendo dal rilievo per cui nei contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento l′intermediario finanziario ha l′obbligo di fornire all′investitore un′informazione adeguata in concreto, tale cioe′ da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, la Corte ha osservato che al riscontro dell′inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l′accertamento in via presuntiva del nesso di causalita′ tra il detto inadempimento e il danno patito dall′investitore. Tale presunzione è superabile solo se l′intermediario fornisce la prova che il pregiudizio si sarebbe comunque verificato anche se l′investitore avesse ricevuto adeguate informazioni; non è sufficiente, pertanto, rilevare la semplice propensione al rischio del cliente, perché, in ogni caso, egli deve essere sempre posto nella condizione di poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell′ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato. Tale ripartizione degli oneri probatori scaturisce dalla funzione assegnata dal sistema normativo all′obbligo informativo gravante sull′intermediario, che e′ preordinato al riequilibrio dell′asimmetria strutturale del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell′investitore, al fine di consentirgli una scelta di investimento realmente consapevole. In virtù di quanto innanzi il giudice di legittimità accoglieva il ricorso principale mentre rigettava quello incidentale; L′ordinanza Cass., sez.I, ord. 28/10/2021, n.30532 assume particolare importanza giacché ne si traggono rilevanti principi di diritto che riguardano sia la quantificazione del danno risarcibile, sia gli obblighi informativi a carico dell′intermediario finanziario; in particolare: "Nella prestazione del servizio di negoziazione titoli l′accertata propensione al rischio del cliente che non rivesta le caratteristiche dell′investitore abilitato o professionale non elimina gli obblighi informativi dell′intermediario ma li qualifica in modo peculiare, nel senso che l′esperienza dell′investitore e le sue scelte devono orientare la selettività delle informazioni da fornire, dirigendosi verso quelle specifiche e non generalmente o facilmente accessibili del prodotto, tenuto conto che tanto più elevato è il rischio dell′investimento tanto più puntuali devono essere le informazioni da fornire, essendo necessario verificare se le decisioni d′investimento si siano fondate sulla conoscenza effettiva dei rischi conoscibili del prodotto stesso. Qualora l′intermediario abbia dato corso all′acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, il danno risarcibile consiste nell′essere stato posto a carico di detto cliente un rischio che presumibilmente egli non si sarebbe accollato. Danno che può essere poi liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell′acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria. Quanto alla prova contraria, di cui è gravato l′intermediario, essa non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell′investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l′investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell′ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati. In altri termini, il fatto che l′investitore propenda per investimenti rischiosi non esclude che egli selezioni tra gli investimenti rischiosi quelli a suo giudizio aventi maggiori probabilità di successo, grazie appunto alle informazioni che l′intermediario è tenuto a fornirgli, o altrimenti reperite". "Al riscontro dell′inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l′accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento ed il danno patito dall′investitore; presunzione che spetta all′intermediario superare, dimostrando che il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quandanche l′investitore avesse ricevuto le informazioni omesse. La presunzione di sussistenza del nesso causale, pur suscettibile di prova contraria, scaturisce dalla funzione assegnata dal sistema normativo all′obbligo gravante sull′intermediario, che è preordinato al riequilibrio dell′asimmetria strutturale del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell′investitore, al fine d consentirgli una scelta consapevole". "L′obbligazione di risarcimento del danno, sebbene derivante da inadempimento contrattuale, costituisce debito di valore, sicché deve essere quantificata tenendo conto, anche d′ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione. Nella liquidazione del danno lamentato dagli investitori occorre omogeneizzare i valori monetari da porre a confronto facendo uso di parametri monetari coincidenti e di opportune rivalutazioni". "Qualora la mera rivalutazione monetaria non valga a reintegrare pienamente il creditore, questi va messo nella condizione in cui si sarebbe trovato se il pagamento fosse stato tempestivo, ma ricade su di lui l′onere di provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto se il pagamento originariamente dovuto fosse stato tempestivo". L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da:
Vettore vettore creata da Sky and Glass - it.freepik.com