26-06-2020

Installazione di tubature sulla facciata del condominio: l′opera è legittima a condizione che non alteri la destinazione del bene comune né impedisca il pari uso agli altri condomini.

Modificazioni e innovazioni non possono pregiudicare il decoro architettonico dell′edificio condominiale.

L′installazione di tubature idriche destinate a servire una singola unità immobiliare sulla facciata di un condominio può rappresentare un′opera legittima solo laddove rispetti quanto disposto dall′art.1102 c.c., con particolare riguardo al divieto di alterare la cosa comune e di impedirne il pari uso agli altri condomini. É quanto sostenuto dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione nella complessa ordinanza del 29/01/2020, n.2002, la quale, nell′affrontare, da un lato, le tematiche relative all′utilizzo di parti comuni dell′edificio condominiale a favore di un immobile di esclusiva proprietà, e, dall′altro, le differenze sussistenti tra i concetti di modifica e innovazione, si sofferma altresì sulla natura giuridica della domanda azionata da un condomino ex art.1102 cod. civ., avente quale fine il ripristino dello status quo ante di una cosa comune illegittimamente alterata da altro condividente. In particolare, la Cassazione ha sottolineato come la nozione di pari uso della cosa comune, di cui all′art.1102 c.c., non vada intesa in senso assoluto, ovvero come uso identico e contemporaneo, giacché la legge ammette che ciascun partecipante alla comunione possa trarre da essa la più intensa utilizzazione possibile, purché ciò non ne alteri la destinazione e non sia impedito agli altri condomini di fruirne allo stesso modo, dovendosi, a tal fine, avere riguardo all′uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; pertanto, nel caso specifico di apposizione di tubature sulla facciata - trattasi, nella fattispecie concreta esaminata dalla Corte di Cassazione, di quella interna del condominio - proprio in considerazione di questa ulteriore funzione accessoria che la facciata può avere, deve essere riservata anche agli altri condomini, proporzionalmente alle rispettive quote, la possibilità di installarvi gli impianti indispensabili per la vivibilità della propria abitazione. Sicché, correttamente la Corte di Appello di Milano, giudice della sentenza impugnata innanzi alla Suprema Corte, ha affermato che l′uso della facciata "volto all′apposizione di vistosi tubi esterni, non possa essere assicurato a tutti i sedici condomini dello stabile in questione, se non altro per la limitatezza dello spazio fruibile", qualificando, dunque, illegittime le opere realizzate dal condomino. Analizzando i motivi di impugnazione, la Corte di Cassazione, poi, affronta la tematica relativa alla qualificazione di un′opera realizzata sui beni comuni quale innovazione, anziché semplice modificazione; all′uopo, i giudici di Legittimità osservano che le modificazioni si inquadrano nelle facoltà del condomino in ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso art.1102 c.c.; di contro, le innovazioni sono tali in quanto determinino una trasformazione del bene che incida sulla sua essenza, alterandone, di tal guisa, la originaria funzione e destinazione. Oltre a ciò, modificazioni ed innovazioni si distinguono anche da un punto di vista soggettivo, giacché, mentre le modificazioni sono soggette solo ai limiti indicati nell′art.1102 c.c., le innovazioni, per essere attuate legittimamente, devono essere preventivamente approvate dall′assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata indicata dal quinto comma dell′art.1136 c.c.. Ebbene, nel caso di specie, ribadendo la differenza sostanziale tra innovazione e modificazione e confermando che le disposizioni di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c. non sono tra loro sovrapponibili, i Giudici di legittimità affermano la irrilevanza della questione, proposta dal ricorrente, attinente al nomen juris da attribuire alle opere in concreto contestate, atteso che le doglianze sollevate non dimostrano un vizio giuridico o logico della impugnata decisione che ne possa determinare la cassazione, in quanto dalla qualificazione come "innovazione" non scaturiscono effetti giuridici incidenti sulla statuizione finale adottata dalla Corte d′appello, poiché secondo consolidata interpretazione di questa Corte, anche alle modificazioni apportate dal singolo condomino, ex articolo 1102 c.c., si applica, per identita′ di "ratio", il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato previsto in materia di innovazioni dall′articolo 1120 dello stesso codice.. Infine, assume rilievo l′esame, da parte della Corte, dell′ulteriore motivo di impugnazione con cui il ricorrente ha contestato una inammissibile modificazione della domanda proposta dal Condominio, il quale, in primo grado, chiedeva la rimozione dei tubi in quanto innovazioni non approvate in ossequio ai crismi dettati dalla legge, mentre in appello fondandava le sue pretese sulla lesione del pari uso del bene condominiale, ai sensi dell′art.1102 c.c.; ebbene, anche siffatta doglianza è rigettata, avendo la domanda di ripristino dello status quo ante natura reale, fondandosi sull′accertamento dei limiti del diritto di comproprietà su un bene; pertanto, rientrando nel novero delle azioni relative ai diritti autodeterminati, la "causa petendi" di tale azione s′identifica con lo stesso diritto di comproprieta′ sul bene comune, sicche′ comunque non vi e′ diversita′ di domande, agli effetti degli articoli 183 e 345 c.p.c. ove a fondamento della domanda di rimozione delle opere si ponga dapprima il difetto della preventiva autorizzazione dell′assemblea condominiale (evidentemente imposta da clausola del regolamento contrattuale) e poi si deducano i generali criteri di cui all′articolo 1102 c.c.. In virtù di tutto quanto esposto, dalla ordinanza in esame si traggono i seguenti principi di diritto: a) In tema di condominio negli edifici, l′utilizzazione con impianti destinati a servizio esclusivo di un appartamento di proprietà esclusiva di parti comuni dell′edificio condominiale (nella specie, installazione delle tubazioni dell′acqua appoggiate su facciata del fabbricato) esige il rispetto delle regole dettate dall′art. 1102 cod. civ., e, in particolare, del divieto di alterare la destinazione della cosa comune, impedendo l′uso del diritto agli altri comproprietari. È vero che la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l′art. 1102 cod. civ., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, sicché, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima. Tuttavia, con particolare riguardo al muro perimetrale dell′edificio - proprio in considerazione delle sue funzioni accessorie di appoggio di tubi, condutture, e altri oggetti analoghi - bisogna ritenere che vada preservato l′uso potenziale spettante a tutti i condomini, proporzionalmente alla rispettiva quota del bene in comunione, di collocarvi gli impianti che possano considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dei rispettivi appartamenti; b) In tema di condominio negli edifici, l′art. 1102 cod. civ. e l′art. 1120 cod. civ. sono disposizioni non sovrapponibili, avendo presupposti ed ambiti di operatività diversi. Le innovazioni, di cui all′art. 1120 cod. civ., non corrispondono alle modificazioni, cui si riferisce l′art. 1102 cod. civ. atteso che le prime sono costituite da opere di trasformazione, le quali incidono sull′essenza della cosa comune, alterandone l′originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà del condomino in ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso art. 1102 cod. civ. In realtà, tra le nozioni di modificazione della cosa comune e di innovazione (e, pertanto, tra le sfere di operatività delle norme di cui all′art. 1102 e dell′art. 1120 cod. civ.) corre una differenza che è di carattere innanzitutto soggettivo, giacché, fermo il tratto comune dell′elemento obiettivo consistente nella trasformazione della res o nel mutamento della destinazione, quel che rileva nell′art. 1120 cod. civ. (mentre è estraneo all′art. 1102 cod. civ.) è l′interesse collettivo di una maggioranza qualificata dei partecipanti, espresso da una deliberazione dell′assemblea. Le modificazioni dell′uso della cosa comune, ex art. 1102 cod. civ., non si confrontano con un interesse generale, poiché perseguono solo l′interesse del singolo, laddove la disciplina delle innovazioni segna un limite alle attribuzioni dell′assemblea; c) La domanda azionata da un condomino in base al disposto di cui all′art.1102 cod. civ., ed avente quale fine il ripristino dello status quo ante di una cosa comune illegittimamente alterata da altro condomino, ha natura reale, in quanto si fonda sull′accertamento dei limiti del diritto di comproprietà su un bene. Essa perciò rientra nel novero delle azioni relative ai diritti autodeterminati, individuati sulla base del bene che ne forma l′oggetto, nel senso che la causa petendi di tale azione s′identifica con lo stesso diritto di comproprietà sul bene comune, sicché comunque non vi è diversità di domande, agli effetti degli artt.183 e 345 cod. proc. Civ. ove a fondamento della domanda di rimozione delle opere si ponga dapprima il difetto della preventiva autorizzazione dell′assemblea condominiale (evidentemente imposta da clausola del regolamento contrattuale) e poi si deducano i generali criteri di cui all′art. 1102 cod. civ.; parimenti, non incorre nel vizio di extrapetizione il giudice che, dedotta in lite l′illegittimità dell′uso particolare del bene comune, ai sensi dell′art. 1102 cod. civ., accolga la domanda ritenendo che l′opera arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell′edificio condominiale, trattandosi di limite legale compreso nel principio generale dettato da tale norma e che perciò deve guidare l′indagine giudiziale sulla verifica delle condizioni di liceità del mutamento di uso.