23-02-2022

L′acquirente di un bene, salvo specifica pattuizione a ciò finalizzata, non subentra nei contratti stipulati dal cedente relativi alla gestione del bene ceduto, ad eccezione dei casi previsti specificamente dalla legge

Di conseguenza, il cessionario non subentra nel mandato in rem propriam conferito dal cedente ad eventuali terzi mandatari

L′acquirente di un bene, salvo specifica pattuizione a ciò finalizzata, non subentra nei contratti stipulati dal cedente relativi alla gestione del bene ceduto; ciò non si verifica nemmeno in presenza di mandato in rem propriam di cui all′art.1723, comma II, c.c., salvi i casi eccezionali previsti dalla legge come, ad esempio, in materia di cessione d′azienda, disciplinato dall′art.2558 c.c.. É quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez. I^, con la ordinanza del 26/08/2021, n.23498. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonista la società Alfa, la quale conveniva innanzi al Tribunale di Roma la società Gamma, poiché quest′ultima aveva stipulato diversi contratti con terzi concernenti lo sfruttamento di opere cinematografiche delle quali Alfa era contitolare dei diritti di utilizzazione economica; pertanto, la società Alfa chiedeva la rendicontazione delle somme complessivamente incassate dalla società Gamma, il pagamento della quota parte, nonché il risarcimento dei danni patiti. É necessario premettere, stante le articolate vicende giuridiche e di fatto che sottendono la questione de qua, che originariamente i diritti di sfruttamento delle suddette opere appartenevano in comunione alle società Delta e Beta; tuttavia, la società Delta, in riferimento all′esercizio della sua quota parte, conferiva mandato esclusivo e perpetuo in rem propriam in favore della stessa società Beta; successivamente, Gamma incorporava la società Beta, originaria mandataria, mentre per Delta si apriva procedura fallimentare. Sicché, Alfa acquistava a titolo particolare dal fallimento di Delta la sua quota di diritti relativi sfruttamento economico delle opere cinematografiche in questione. Ebbene, in virtù di tali vicende, la società Gamma riteneva di essere subentrata, o comunque, succeduta, nel mandato in rem propriam conferito da Delta, mandante, a favore di Beta, mandataria, e di aver, quindi, legittimamente distribuito in via esclusiva le opere. Il Tribunale di Roma, con sentenza parziale, accoglieva le domande di Alfa limitatamente all′accertamento dell′illecito sfruttamento esclusivo dei diritti da parte della società Gamma, rigettava la domanda di risarcimento dei danni e con separata ordinanza disponeva per l′ulteriore corso della domanda di rendiconto e pagamento dei compensi. La società Gamma impugnava, senza esito positivo, la sentenza parziale innanzi alla Corte di Appello di Roma; di seguito, proponeva avverso la decisione di secondo grado ricorso per Cassazione. Ebbene, il Supremo Collegio rigetta il ricorso, considerando corretto l′operato della Corte di Appello di Roma e reputando insufficienti le argomentazioni proposte dalla ricorrente nel minare la giuridica validità delle conclusioni cui era pervenuto il giudice di secondo grado, il quale, in buona sostanza, rilevava che il mandato in rem propriam avrebbe potuto essere opposto alla società Alfa soltanto qualora quest′ultima l′avesse esplicitamente riconosciuto o comunque si fosse espressamente vincolata al suo rispetto. In effetti, i diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche erano stati conseguiti da Alfa per effetto di cessione a titolo particolare, avendoli acquisiti dal fallimento di Delta, società contitolare degli stessi unitamente alla dante causa di Gamma, ovvero la società Beta; a quest′ultima, la stessa società Delta conferiva l′esercizio esclusivo della propria quota parte dei diritti di sfruttamento economico delle opere a mezzo di un contratto di mandato in rem propriam (ciò stante, Beta esercitava in via esclusiva i diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche in parte quale proprietaria, in parte quale mandataria di Delta); la cessione a titolo particolare dei summenzionati diritti non aveva comportato, nell′opinione del giudice di secondo grado, l′automatico subentro della società Alfa nel contratto di mandato stipulato da Delta con Beta, atteso che trattavasi di contratto obbligatorio e personale, ad essa non opponibile. Pertanto, osservava la Corte di Appello di Roma, il mero subentro da parte della società Alfa nella titolarità delle quote di Beta non determinava ex se anche l′opponibilità alla stessa dell′originario contratto di mandato. A fronte di tali argomentazioni, la società Gamma, reputando di essere succeduta nella posizione di mandataria a seguito dell′incorporazione della società Beta, ne rilevava la erroneità sulla scorta di tre ragionamenti: a) tali diritti erano pervenuti a Alfa per effetto di cessione a titolo particolare ad opera del fallimento della originaria contitolare, Delta; b) trattavasi di mandati in rem propriam nell′interesse del mandatario exarticolo 1723 c.c., comma 2; c) lo scioglimento del mandato e′ previsto solo in caso di fallimento del mandatario e non del mandante ex art. 78, L.Fall. Nessuno di questi argomenti viene reputato valido dalla Corte di Cassazione. In primo luogo, il fatto che i diritti di sfruttamento erano pervenuti a Alfa per effetto di cessione a titolo particolare ad opera del fallimento di Delta, originaria contitolare in comunione con la dante causa della Gamma (l′incorporata Beta), non dimostra affatto che Alfa sia subentrata anche nel distinto contratto di mandato - obbligatorio e personale - che vincolava la Delta, quasi si trattasse di una sorta di obligatio propter rem, in assenza di un adeguato fondamento normativo e per giunta di un adeguato sistema di pubblicità. In secundis, L′articolo 1723 c.c., comma 2, in tema di mandato conferito anche nell′interesse del mandante (il cosiddetto mandato in rem propriam) trae da questa sua specifica connotazione una particolare attitudine a resistere a circostanze afferenti la sfera del mandante (revoca, in difetto di specifica previsione o giusta causa; morte; sopravvenuta incapacità) per tutelare il concorrente interesse del mandatario. Tuttavia, nella presente fattispecie non si tratta di nessuna di queste ipotesi e si discute semplicemente se si realizzi un fenomeno di successione automatica nel rapporto di mandato (ex latere del mandante) per effetto dell′acquisto della titolarità dei diritti al cui esercizio il mandato si riferisce, secondo uno schema, per cosi′ dire, "ambulatorio" propter rem. Pertanto, il perno giuridico su cui si fonda la questione va individuato nell′esistenza di un possibile fenomeno successorio legato all′acquisto delle quote da parte della società Alfa e non già di certo sul tema della irrevocabilità del mandato ex art. 1723, comma II c.c., o ancora sull′art.78 L. Fall., irrilevante nel caso di specie. Conseguentemente, il contratto di mandato, come correttamente rilevato dai giudici di merito, va reputato sciolto proprio perché vincolava la sola società Delta e il suo fallimento e non può essere opposto alla cessionaria società Alfa, in mancanza di espressa sua dichiarazione di subentrarvi. Tali statuizioni, tra l′altro, sono conformi a consolidati orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, in virtù dei quali nel nostro ordinamento l′acquirente di un bene non subentra nei contratti stipulati dal cedente per la sua gestione, salvi i casi eccezionali specificamente previsti dalla legge, fra cui spicca l′ipotesi di cui all′articolo 2558 c.c., in tema di cessione di azienda. Si consideri, ad esempio, l′indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione in tema di mandato in rem propriam all′incasso e successiva transazione del mandante, che ha escluso ogni connotato di realità del vincolo e ha attribuito al mandatario una tutela di tipo risarcitorio in presenza dei relativi presupposti. É stato infatti affermato che il mandato ad esigere un debito del terzo, conferito dal mandante al proprio creditore anche nell′interesse di quest′ultimo (mandato irrevocabile, cosiddetto in rem propriam), non comporta, di per sé, successione nel rapporto obbligatorio o novazione ex parte creditoris, in quanto lascia in capo al mandante la titolarità del diritto ed il potere di disporne; di conseguenza l′atto con cui il mandante dispone del credito verso il terzo (nella specie, transazione) impedisce al mandatario di esigere dal terzo una prestazione superiore a quella risultante dall′atto stesso, ferma restando l′esperibilità contro il mandante della actio mandati contraria, o dell′azione di risarcimento dei danni, ove quell′atto di disposizione configuri una non consentita revoca del mandato, pregiudicante l′interesse del mandatario (Sez. 1, n. 3157 del 18/09/1976, Rv. 381931 - 01; cfr. anche Sez. 1, n. 10819 del 04/12/1996, Rv. 501038 01). Conclusivamente, alcun fondamento possono avere i motivi di ricorso proposti dalla società Gamma, le cui ragioni, invece, suggeriscono i giudici di legittimità, avrebbero potuto essere fatte valere nei confronti della cedente - e originaria mandante - ovvero il fallimento della società Delta. In virtù di tanto, si trae da Cass., sez. I^, ord. 26/08/2021, n. 23498 la seguente massima: "In materia di successione nei negozi giuridici, l′acquirente di un bene, in difetto di pattuizione ad hoc all′atto della cessione, non subentra nei contratti stipulati dal cedente per la sua gestione e in particolare in un mandato in rem propriam ex articolo 1723 c.c., comma secondo, salvi i casi eccezionali specificamente previsti dalla legge, fra cui l′ipotesi di cui all′articolo 2558 c.c. in tema di cessione di azienda". L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da: Affari vettore creata da storyset it.freepik.com.