Qualora un evento dannoso derivi da condotte, attive od omissive che siano, imputabili a più persone, queste saranno obbligate in solido a risarcire il danneggiato; tuttavia, ciò accade soltanto quando le singole azioni od omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione dello stesso danno; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez. VI, sott.sez. II, con la ordinanza 28/01/2021, n.1842. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonisti una molteplicità di attori, i quali convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Alessandria la società Alfa s.a.s. e Caio, in qualità di suo socio illimitatamente responsabile; gli attori acquistavano presso la menzionata società dei fabbricati, edificati dalla stessa, che risultavano affetti da vizi e difformità catastali; intendevano, pertanto, ottenere il risarcimento dei danni patiti e/o una riduzione del prezzo corrisposto. I convenuti si costituivano in giudizio contestando le domande attoree e chiamando, altresì, in causa Sempronio e Mevio, in qualità, rispettivamente, di direttore dei lavori e di tecnico incaricato di seguire le pratiche edilizie, chiedendo che fossero condannati all′eventuale risarcimento, laddove spettante, in favore degli attori; del pari, anche Sempronio e Mevio si costituivano, chiedendo il rigetto sia della domanda principale che quella proposta nei loro confronti dai convenuti, e chiamavano altresì in causa la compagnia di Assicurazioni Beta al fine di essere manlevati; alla prima udienza di comparizione gli attori chiedevano di estendere le loro domande nei confronti dei chiamati Sempronio e Mevio. Il Tribunale di Alessandria, all′esito della istruttoria, da un lato, dichiarava improcedibili le domande avanzate dagli attori nei confronti dei chiamati in causa Sempronio e Mevio, dall′altro, condannava in solido la società Alfa s.a.s. e il socio Caio a versare in favore degli istanti la somma di euro 58.368,96 distinguendo l′ammontare del danno risarcibile in relazione agli immobili dei diversi attori, ed ha, infine, condannato il direttore dei lavori Sempronio, in parziale accoglimento della domanda di manleva avanzata dai convenuti, a tenerli indenni per il danno loro ascritto nella misura di 11.100,00, oltre accessori. Avverso la sentenza proponevano appello gli attori, contestando quanto statuito dal Tribunale in merito all′improcedibilità della domanda nei confronti del direttore dei lavori Sempronio, chiedendo, quindi, la condanna di quest′ultimo in solido con i convenuti al risarcimento dei danni così come già quantificati; la società Alfa s.a.s. e Caio, costituitisi in appello, chiedevano, a loro volta, che fosse dichiarata la procedibilità della domanda proposta dagli attori nei confronti di Sempronio e che fosse, per l′effetto, accertata la responsabilità dello stesso per i vizi riscontrati nell′esecuzione dell′opera a lui imputabili quale progettista e direttore dei lavori, con la sua condanna, in solido con i convenuti, al risarcimento dei danni accertati dal tribunale in favore degli appellanti. Rimaneva contumace Mevio. La Corte di Appello accoglieva parzialmente il proposto gravame, dichiarando la procedibilità della domanda proposta in primo grado dagli attori nei confronti del direttore dei lavori Sempronio, condannandolo al risarcimento dei danni nei limiti della somma complessiva di 11.100,00, distinguendone la misura in relazione ai diversi immobili. In effetti, evidenziava la Corte di Appello, gli attori chiedevano la condanna della società Alfa al risarcimento danni in virtù dell′art.1669 c.c.,. il quale sancisce che l′appaltatore è tenuto a garantire per un periodo di dieci anni l′opera costruita dal vizio del suolo o da difetti di costruzione; i costruttori convenuti, a loro volta, chiamavano in causa il direttore dei lavori Sempronio, invocando la sua esclusiva responsabilità e lamentando, in particolare, la non corretta esecuzione di alcune opere che lo stesso aveva seguito nella predetta qualità. In particolare, il giudice di secondo grado accertava e riconosceva la responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. per i gravi vizi e difetti dell′opera realizzata; al contempo, evidenziando che dal canto loro i convenuti costruttori avevano chiamato in causa il direttore dei lavori invocando la sua responsabilita′ esclusiva in ordine ai danni - o quantomeno parte di essi - lamentati dagli istanti, riteneva che, in tema di appalto ed in ipotesi di responsabilità ex art. 1669 c.c. per rovina o difetti dell′opera, "la natura extracontrattuale di tale responsabilita′ trova applicazione anche a carico di coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell′edificio, che in quella di direzione dell′esecuzione dell′opera, qualora detta rovina o detti difetti siano ricollegabili a fatto loro imputabile, con la conseguenza che la chiamata in causa del progettista e/o direttore dei lavori da parte dell′appaltatore, convenuto in giudizio per rispondere, ai sensi dell′articolo 1669 c.c., dell′esistenza di gravi difetti dell′opera, e la successiva chiamata in causa di chi ha effettuato i calcoli relativi alla struttura e statica dell′immobile da parte del progettista e/o direttore dei lavori, effettuata non solo a fini di garanzia ma anche per rispondere della pretesa dell′attore, comporta, in virtu′ di quest′ultimo aspetto, che la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, trattandosi di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico". In buona sostanza, la Corte di Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, stabiliva la procedibilità della domanda attorea nei confronti del progettista chiamato in causa dai convenuti, condannandolo, in solido con i costruttori, a risarcire gli attori limitatamente all′importo di 11.100,00, ovvero in relazione a quei danni per i quali, a mente della ctu espletata in primo grado, è stato reputato responsabile. Avverso la sentenza della Corte di Appello proponevano ricorso per Cassazione gli originari attori, dolendonese nella parte in cui, pur affermando l′applicabilità degli artt. 2043 e 1669 c.c. nei confronti di tutte le persone coinvolte nella costruzione, progettazione ed esecuzione dell′opera, con la consequenziale estensione diretta della domanda proposta dagli attori al terzo chiamato in causa, riteneva poi che la solidarietà passiva tra il direttore dei lavori ed il costruttore operasse non per tutta la somma dovuta a favore degli istanti, ma solo limitatamente ad 11.100,00, ovvero in relazione a quei danni per i quali il CTU aveva accertato la responsabilità del terzo chiamato. In effetti, osservavano i ricorrenti, la responsabilità ex art.1669 c.c. ha natura extracontrattuale, estendendosi indistintamente nei confronti di tutti coloro i quali hanno causato il danno; la concorrenza di diversi titoli di responsabilità, la diversa graduazione delle colpe imputabili ai corresponsabili, così come la diversa incidenza causale nella produzione dei danni rilevano solo ed esclusivamente in sede di regresso, ai fini della ripartizione dell′obbligo risarcitorio tra i coobbligati; nei confronti del danneggiato, invece, tutti i corresponsabili sono obbligati per la intera somma; in altre parole, secondo i ricorrenti la Corte di Appello aveva omesso di applicare l′art.2055 c.c., il quale recita: "Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall′entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali". Ebbene, la Corte di Cassazione rigetta integralmente il ricorso, ritenendo infondate le argomentazioni dei ricorrenti. In effetti, rileva la Corte, il vincolo di solidarietà passiva tra l′ appaltatore e il progettista e direttore dei lavori, di cui al combinato disposto degli artt. 2043, 2055 e 1669 c.c., opera solo quando i rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il medesimo fatto dannoso; non si estende, pertanto, ai danni che siano riconducibili ad un inadempimento del solo appaltatore, al quale il direttore dei lavori non abbia in alcun modo concorso. L′unicità del fatto dannoso richiesta dall′art. 2055 c.c. non va inteso in senso assoluto ma relativo; "sicche′ ricorre tale responsabilita′, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato e non ad alleviare la responsabilita′ degli autori dell′illecito, pur se il fatto dannoso sia derivato da piu′ azioni od omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti ed anche diversi, sempreche′ le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno; di converso, qualora trattasi di fatti autonomi e scindibili che abbiano prodotto danni diversi (e non quindi un unico fatto dannoso), ciascuno ne risponde solo se e nella misura in cui vi abbia concretamente concorso, in forza del principio secondo cui ognuno risponde esclusivamente dell′evento di danno rispetto al quale la sua condotta, attiva o omissiva, abbia operato come causa efficiente ponendosi come suo antecedente causale necessario". Nella fattispecie in esame, la Cassazione rileva come la Corte di Appello, con accertamento in fatto non censurato, né altrimenti censurabile, in sede di legittimità, avesse correttamente distinto i vizi di costruzione imputabili al solo costruttore da quelli imputabili a quest′ultimo in concorso col direttore dei lavori; il direttore dei lavori, quindi, ai sensi e per gli effetti dell′art. 2055 c.c. deve rispondere esclusivamente per quei danni derivanti da una sua qualche azione od omissione che hanno operato, in concorso con i costruttori, come causa efficiente di essi. In virtù di tanto, si trae da Cass., ordinanza 28/01/2021, n.1842 il seguente principio di diritto: "L′unicità del fatto dannoso richiesta dall′art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell′illecito va intesa in senso non assoluto, ma relativo, in coerenza con la funzione propria di tale istituto di rafforzare la garanzia del danneggiato, sicché ricorre tale responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni od omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempre che le singole azioni od omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno. Ne consegue che il giudice, ove il fatto illecito fonte di danno si articoli in una pluralità di azioni od omissioni poste in essere da più soggetti, è tenuto a verificare, dandone conto in motivazione, se, alla luce del criterio predetto, ricorra un unico fatto dannoso, ovvero non si tratti, anche in parte, di fatti autonomi e scindibili che abbiano, a loro volta, prodotto danni distinti, dei quali può essere chiamato a rispondere solo chi, con la sua azione od omissione, vi abbia concorso, in forza del principio secondo cui ognuno risponde del solo evento di danno rispetto al quale la propria condotta abbia operato come causa efficiente ponendosi quale suo antecedente causale necessario". L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da:
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