(ESTRATTO) Nel vigente ordinamento, alla responsabilita′ civile non e′ assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiche′ sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non e′ quindi ontologicamente incompatibile con l′ordinamento italiano l′istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve pero′ corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell′ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicita′ delle ipotesi di condanna, la prevedibilita′ della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell′atto straniero e alla loro compatibilita′ con l′ordine pubblico; è quanto statuito dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 5/07/2017, n.16601. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio si sviluppava, concettualmente, intorno a due ordini di questioni di evidente interesse sia pratico che scientifico: il primo, attinente alla compatibilità con l′ordine pubblico processuale della delibazione di sentenze straniere il cui giudizio è fondato sull′applicazione dell′istituto di origine statunitense del potential liability test; il secondo, riguardante, invece, la problematica dell′ingresso nel nostro ordinamento della possibilità di riconoscere anche una funzione punitiva alla responsabilità civile. In particolare, accadeva che la società Alfa con sede in Florida (USA) chiedeva ed otteneva dalla Corte di Appello di Venezia la delibazione di tre sentenze, passate in giudicato, pronunciate negli Stati Uniti d′America, ovvero: a) la sentenza del 23/09/2008, esecutiva, della Circuit Court of the 17th Judicial Circuit for Broward Count (Florida), confermata in appello dal District Court of Appeal of the State of Florida, dell′11/08/2010, che aveva condannato la societa′ italiana Beta a pagare a favore di Alfa (società di diritto statunitense) la complessiva somma di dollari USA 1.436.136,87, oltre interessi al tasso annuo dell′11%, a seguito di procedimento giudiziario svoltosi davanti a quell′autorità; b) la sentenza del 14/01/2009, con cui il medesimo giudice aveva liquidato dollari USA 106.500,00, a titolo di rifusione dei costi, delle spese legali e degli interessi al tasso annuo dell′8%; c) la sentenza del 13/10/2010 che aveva liquidato, in relazione al giudizio di appello, l′ulteriore somma di dollari USA 9.000,00, a titolo di rifusione dei costi, delle spese legali e degli interessi al tasso annuo del 6%. Il contenzioso innanzi ai giudici americani derivava da un incidente occorso ad un motociclista nel corso di una gara sportiva, il quale riportava lesioni alla testa a causa di un asserito vizio del casco prodotto dalla società italiana Beta, distribuito negli States dalla società Gamma e rivenduto, infine, dalla società Alfa (queste ultime, dunque, soggetti giuridici di diritto statunitense). Le pronunzie innanzi menzionate accoglievano la domanda di garanzia proposta da Alfa, la quale aveva transattivamente corrisposto al motociclista la somma di $1.000.000,00 circa e, per l′effetto, il giudice americano aveva condannato Beta a manlevare del depauperamento patrimoniale la società garantita. Infatti, nel giudizio per danni intrapreso dal motociclista, la società Alfa aveva accettato la proposta transattiva dell′attore e, di conseguenza, il giudice della Florida aveva ritenuto che la società Alfa dovesse essere manlevata dalla società produttrice italiana Beta. Avendo quest′ultima accettato la giurisdizione straniera, la società Alfa otteneva dalla Corte di Appello di Venezia il riconoscimento delle tre decisioni sovra menzionate e, pertanto, la società italiana Beta proponeva ricorso per cassazione. La causa veniva rimessa al Primo Presidente, per l′assegnazione alle Sezioni Unite, a seguito di ordinanza della Prima sezione, che sollecitava un ripensamento sul tema della riconoscibilita′ delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi... Attesa la estensione del presente lavoro, si reputa opportuno offrire al lettore, in questo estratto, solo la parte inerente all′analisi della questione dei punitive damages, affidando la intera relazione, in cui si affronta anche il tema della compatibilità dell′istituto del potential liability test con l′ordine pubblico processuale e, in particolare, con il diritto di difesa nel processo, al documento pdf scaricabile o leggibile a piè pagina. ... Rigettato, altresì, il secondo motivo di ricorso, incentrato, da un lato, sulla contestazione dell′assunto della Corte di Appello di Venezia a mente del quale la ricorrente Beta aveva profittato ex art. 1304 c.c. della transazione stipulata da Alfa con il motociclista e, dall′altro, su eccezioni aventi come oggetto, in ultima analisi, la lesione del diritto di difesa, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione passano finalmente ad affrontare il tema della compatibilità dei punitive damages con l′ordinamento giuridico italiano. La ricorrente, infatti, denunciava la violazione da parte della Corte veneziana dell′art.64, L.218/1995, giacché, a suo dire, nella determinazione dell′importo di cui alla transazione tra motociclista e società Alfa (veicolata, nel nostro ordinamento, per il tramite delle sentenze dei giudici americani e di quelle della Corte d′Appello di Venezia) parte delle somme liquidate transattivamente a favore del motociclista sarebbero qualificabili come danni punitivi. Riteneva il ricorrente che la mancata indicazione delle singole voci di danno, e/o dei criteri di liquidazione, unitamente alla asserita abnormità del quantum riconosciuto, lascerebbe presumere una natura parzialmente sanzionatoria della somma transatta. Le Sezioni Unite giudicano il motivo inammissibile, dacché, per un verso, esigerebbe indagini di merito precluse in sede di legittimità, per l′altro, è articolato in maniera irrituale. Ad ogni modo, le argomentazioni svolte dalle parti, le decisioni assunte dalla Corte d′Appello di Venezia e le stesse sentenze del giudice americano non contengono elementi che consentano di asserire che, nella fattispecie, sarebbero stati liquidati danni punitivi. Parimenti, la asserita abnormità del quantum transatto rimane un′allegazione priva di riscontro probatorio, ed anzi contrastante con le risultanze processuali. Il motivo dunque, è respinto nella totalità. Purtuttavia, sebbene la questione, per le argomentazioni innanzi esposte, non abbia diretta incidenza nel caso sottoposto ai giudici delle Sezioni Unite, il tema e l′ordinanza della I^ Sezione della Corte offrono senz′altro motivo di approfondire il dibattito sui cd. punitive damages, istituto, tipico di taluni ordinamenti di common law, su cui da tempo la più illustre dottrina continua a dividersi in ordine alla sua compatibilità con l′ordine pubblico sostanziale. Ebbene, le Sezioni Unite prendono atto che nel 2007 la stessa Suprema Corte negava il riconoscimento di una pronunzia estera in materia, sancendo l′estraneità al risarcimento del danno dell′idea di punizione e di sanzione; veniva altresì ribadito in quella circostanza il carattere monofunzionale della responsabilità civile, avente la sola funzione di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto leso. Epperò, ritengono le Sezioni Unite nella qui commentata decisione, che quella analisi sia superata e non conforme alla evoluzione del dibattito giuridico, legislativo e dottrinario. A ben vedere, nell′attuale quadro nazionale, europeo ed internazionale in genere,alla responsabilità civile non può essere più attribuita una esclusiva funzione compensativo-riparatoria, avendo assunto piuttosto una chiara natura polifunzionale che si proietta verso più aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva (o deterrente o dissuasiva) e quella sanzionatorio-punitiva. Non a caso, già qualche anno addietro le stesse Sezioni Unite, con sentenza dello 06/05/2015, n.9100, in tema di responsabilità degli amministratori, avevano messo in luce che la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non è più "incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva, giacché negli ultimi decenni sono state qua e là introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento". Veniva evidenziato, tuttavia, che tale connotato sanzionatorio intanto è ammissibile nel nostro ordinamento solo laddove una norma di legge chiaramente lo preveda, conformemente a quanto disposto dagli artt. 23, 25 comma II della Costituzione, nonché dall′art. 7 della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell′Uomo e delle libertà fondamentali. Sulla scorta di tale deduzione, le Sezioni Unite, nella recente sentenza 05/07/2017, n.16601 qui commentata, rilevano altresì che tale maturata consapevolezza traspare anche da più recenti disposizioni normative, che dimostrano quanto sia oggigiorno inappagante o comunque inadeguato un paradigma della responsabilità civile strettamente legato alla esclusiva funzione ripristinatoria-compensativa. A tal uopo la sentenza n. 16601 dello 05/07/2017, giovandosi anche delle attente analisi condotte dall′Ufficio del Massimario e dalla I Sez., elenca una serie di disposizioni di legge in cui le misure risarcitorie sembrano in effetti assolvere anche ad una funzione sanzionatoria-preventiva; se ne riportano solo talune: il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 140, comma 7, c.d. codice del consumo, dove si tiene conto della "gravità del fatto"; l′art. 709 ter c.p.c., nn. 2 e 3, per le inadempienze agli obblighi di affidamento della prole; l′art. 614 bis c.p.c., il quale contempla il potere del giudice di fissare una somma pecuniaria per ogni violazione ulteriore o ritardo nell′esecuzione del provvedimento; l′art. 18, comma 14, dello statuto dei lavoratori, ove, a fronte dell′accertamento dell′illegittimità di un licenziamento di particolare gravità, la mancata reintegrazione è scoraggiata da una sanzione aggiuntiva; il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (artt. 3 - 5), che ha abrogato varie fattispecie di reato previste a tutela della fede pubblica, dell′onore e del patrimonio e, se i fatti sono dolosi, ha affiancato al risarcimento del danno, irrogato in favore della parte lesa, lo strumento afflittivo di sanzioni pecuniarie civili, con finalità sia preventiva che repressiva; il novellato art. 96, comma 3, c.p.c. , che consente la condanna della parte soccombente al pagamento di una "somma equitativamente determinata", in funzione sanzionatoria dell′abuso del processo (nel processo amministrativo l′art. 26, comma 2, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104); l′art. 28 del d.lgs n. 150/2011 sulle controversie in materia di discriminazione, che dà facoltà al giudice di condannare il convenuto al risarcimento del danno tenendo conto del fatto che l′atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attività del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento; infine, tutte le "prestazioni sanzionatorie" previste dalla materia condominiale (art. 70 disp. att. c.c. ), dalla disciplina della subfornitura ( L. n. 192 del 1998, art. 3, comma 3), o connesse al ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali (D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 2 e 5). Ciò posto, osservano le Sezioni Unite che financo il Giudice Costituzionale, in particolare con C.Cost. nn. 303/2011, 152/2016, 238/2014 e 21255/2013, ha legittimato una concezione polifunzionale della responsabilità civile, soprattutto al fine di garantire una esigenza di effettività della tutela, purché vi sia una "intermediazione legislativa", peraltro imposta dal principio di cui all′art. 23 Cost., (correlato agli artt. 24 e 25 Cost.), che pone una riserva di legge in relazione a nuove prestazioni patrimoniali e preclude, quindi, un incontrollato soggettivismo giudiziario. Tale premessa rappresenta, quindi, il fondamento su cui inquadrare la questione della compatibilità dei punitive damages con l′ordine pubblico sostanziale, che, come ben noto, rappresenta un limite all′applicazione della legge straniera. Anche in tale circostanza, le Sezioni Unite ribadiscono che il concetto di ordine pubblico - sostanziale - non va più inteso in una dimensione esclusivamente nazionale, ma va inserito nel contesto europeo ed ai principi comuni che ciò ispirano e formano. A tal uopo, precisano che, nell′attuale evoluzione sociale e giuridica, l′ordine pubblico è divenuto il distillato del sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione primaria, sicchè occorre far riferimento alla Costituzione e, dopo il trattato di Lisbona, alle garanzie approntate ai diritti fondamentali dalla Carta di Nizza, elevata a livello dei trattati fondativi dell′Unione Europea dall′art. 6 TUE (Cass. 1302/13). In buona sostanza, è possibile affermare la sussistenza di due concetti di ordine pubblico, nazionale ed Europeo, che coesistono e si armonizzano al fine di salvaguardare le tradizioni giuridiche dei singoli Stati membri, inserendole, al contempo, nel contesto comunitario, nell′ottica di tutela di quei principi comuni che rappresentano il substrato delle carte fondamentali dell′Unione Europea. Ciò ha come logico corollario che l′ordine pubblico sostanziale, se per un verso rappresenta il baluardo insuperabile a protezione dei principi essenziali inderogabili della lex fori, - come ad esempio, per rimanere in ambito italiano, quelli dettati dalla Costituzione in tema di lavoro o libertà personali - per l′altro, non può costituire la ragione che impedisca il riconoscimento di decisioni straniere in tutti quei casi in cui manchi una esatta corrispondenza tra istituti esteri ed istituti nazionali. E allora dovrà verificarsi se la decisione straniera sia in aperta contraddizione con gli essenziali valori costituzionali, non perdendo, però, di vista, l′esigenza di armonizzazione dell′apparato normativo-giudiziale dei singoli Stati Membri. Ebbene, nell′ambito di tale premessa concettuale, le Sezioni Unite affrontano il tema della compatibilità delle sentenze straniere che comminano punitive damages con l′ordine pubblico sostanziale, come innanzi descritto, riprendendo, in buona sostanza, i ragionamenti preliminari già sviluppati dalla Corte Costituzionale e dalle stesse Sezioni Unite anni addietro. L′esame va portato sui presupposti che questa condanna deve avere per poter essere importata nel nostro ordinamento senza confliggere con i valori che presidiano la materia, valori riconducibili agli articoli da 23 a 25 Cost.. Cosi′ come si e′ detto che ogni prestazione patrimoniale di carattere sanzionatorio o deterrente non puo′ essere imposta dal giudice italiano senza espressa previsione normativa, similmente dovra′ essere richiesto per ogni pronuncia straniera. Cio′ significa che nell′ordinamento straniero (non per forza in quello italiano, che deve solo verificare la compatibilita′ della pronuncia resa all′estero) deve esservi un ancoraggio normativo per una ipotesi di condanna a risarcimenti punitivi. Il principio di legalità, infatti, comune, sia pur con diverse sfaccettature, a tutti gli ordinamenti della Unione Europea, esige che una condanna straniera a risarcimenti punitivi provenga da una fonte normativa riconoscibile, tipica e prevedibile. Ne discende che dovra′ esservi precisa perimetrazione della fattispecie (tipicita′) e puntualizzazione dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (prevedibilita′). Infatti, l′art. 49 della Carta dei Diritti Fondamentali della Unione, relativo ai Principi della legalita′ e della proporzionalita′ dei reati e delle pene, comporta che il controllo delle Corti di appello sia portato a verificare la proporzionalita′ tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e tra quest′ultimo e la condotta censurata, per rendere riconoscibile la natura della sanzione/punizione. Ecco, quindi, i presupposti affinché sentenze straniere comminanti punitive damages possano essere delibate e riconosciute nel nostro paese. L′istituto, si ribadisce, pur con tutte le cautele del caso, non è in generale incompatibile con il nostro sistema. Quanto al caso di specie posto all′attenzione delle Sezioni Unite, inerente ad una fattispecie sviluppatasi innanzi alle Corti dello stato della Florida, i giudici del supremo consesso osservano, ricollegandosi a quanto in precedenza detto, che lo stesso ordinamento nord americano ha posto un freno, nell′ambito dei danni punitivi, al fenomeno dei cosiddetti danni grossly excessive, laddove le giurie liquidavano, per l′appunto, somme del tutto sproporzionate rispetto alla condotta censurata; significativa, in merito, la nota sentenza EXXON (U.S Supreme Court, 25/06/2008), che ha stabilito un rapporto massimo di 1 a 1 tra importo della somma riconosciuta a titolo compensativo e liquidazione punitiva. Si consideri, infine, che in particolar modo nello Stato della Florida, da cui provengono le sentenze oggetto della fattispecie in esame, l′evoluzione legislativa ha portato ad una drastica riduzione del fenomeno della responsabilità multipla, attraverso il divieto del ne bis in idem, l′introduzione di massimali alternativi a seconda del tipo di responsabilita′ che si configura, nonché di un complesso rito con una verifica iniziale della responsabilita′ ed una fase successiva relativa agli eventuali punitive damages (un miniprocesso, significativo per quanto riguarda il nostro sistema in quanto rafforzamento della garanzia sul procedimento ex articolo24 Cost.) In virtù delle suesposte osservazioni, è possibile trarre da Cass., sez. Un., 05/07/2017, n.1660, il seguente principio di diritto: Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l′ordinamento italiano l′istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell′ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell′atto straniero e alla loro compatibilità con l′ordine pubblico. L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da: