19-04-2021

La domanda volta ad ottenere il risarcimento danni per morte del congiunto non è subordinata al requisito della convivenza

L′assenza del suddetto elemento, infatti, non può essere di per sé considerato sufficiente per escludere il risarcimento del danno per la morte di un parente in un incidente stradale

L′assenza del requisito della convivenza non può essere considerato, di per sé, elemento unico e sufficiente al fine di escludere la fondatezza della domanda volta ad ottenere il ristoro dei danni derivanti dalla morte di un congiunto investito da un auto; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez. VI, con la ordinanza del 24/03/2021, n.8218. La fattispecie sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonisti Tizio, Caio e Sempronio, i quali convenivano in giudizio Cesare e Pompeo, rispettivamente proprietario e conducente dell′auto che investiva la zia degli istanti causandone la morte, nonché Alfa S.p.A., compagnia assicuratrice del mezzo incriminato, al fine di ottenere il ristoro dei danni derivanti dalla perdita del congiunto. La domanda veniva rigettata sia in primo che in secondo grado; in particolare i giudici d′appello rilevavano carenza di legittimazione attiva in virtù del fatto che la zia defunta non conviveva con gli attori. Proposto, pertanto, ricorso per Cassazione avverso la decisione di secondo grado, il supremo Collegio osserva come sebbene sia fondamentale impedire un′eccessiva dilatazione dei soggetti cosiddetti danneggiati secondari, non può di certo aprioristicamente escludersi il diritto ad ottenere il ristoro dei danni derivanti dalla morte del congiunto solo in base all′assenza del requisito della convivenza; in effetti, rileva la Corte, la impugnata decisione è figlia di un orientamento giurisprudenziale oramai superato, a mente del quale "perche′... possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) e′ necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l′intimita′ delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarieta′ e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonche′ la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalita′ di ciascuno, ai sensi dell′articolo 2 Cost." (Cass., 16/03/2012, n. 4253). Siffatte argomentazioni, già peraltro non condivise da taluni giudici di merito, sono del tutto respinte dalla Corte di Cassazione nella decisione qui commentata e ciò per due ordini di ragioni, che poggiano sostanzialmente sulla evoluzione socio-culturale dei rapporti interpersonali: a) è oramai acclarato che l′espressione società naturale, di cui all′art.29 della Costituzione, ha un accezione molto ampia e non limitata, quindi, alla sola famiglia nucleare, ovvero quella incentrata sulla sola figura dei coniugi e figli; b) possono oggettivamente esistere convivenze non fondate su vincoli affettivi, bensì determinate da necessità economiche, egoismi, motivi di studio o di lavoro ma che non implicano, di per sé, carenza di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarietà. Pertanto, rileva condivisibilmente questa Corte...che, se da un lato, occorre certamente "evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari", dall′altro non puo′ tuttavia condividersi l′assunto che "il dato esterno ed oggettivo della convivenza" possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l′aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilita′ di provare in concreto l′esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarieta′ con il familiare defunto. Pertanto, la convivenza, piuttosto che "assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l′intimita′ dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell′esistenza del diritto in parola", va intesa semplicemente quale elemento probatorio che, unitamente ad altri, funge da ausilio per comprendere la profondità dei rapporti affettivi, anche allo scopo di determinare il quantum debeatur; del resto, onde evitare l′eccessivo allargarsi dei soggetti legittimati a conseguire il ristoro dei danni, è sufficiente pretendere prova rigorosa circa la sussistenza ed entità della lesione subita. Al fine di rafforzare le proprie argomentazioni, il Collegio richiama altresì la sentenza della Corte di Cassazione n.28989 del 11/11/2019, ove viene ricompreso il legame parentale tra zio e nipote nei meccanismi presuntivi utili a determinare l′esistenza e la gravità del danno, e ciò a prescindere dall′elemento della convivenza; in virtù di tali presupposti, la Corte non può che cassare la sentenza gravata, giacché nei gradi precedenti veniva escluso il diritto a conseguire il ristoro dei danni in virtù del solo fatto che la zia non conviveva con i nipoti, rinviando, quindi, la causa al giudice a quo. Pertanto, è possibile trarre da Corte di Cassazione, sez. VI, ord. 24/03/2021, n.8218, si seguenti principi: "Il dato esterno ed oggettivo della convivenza non può costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare l′esclusione della possibilità di provare in concreto l′esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. Escluso che la convivenza possa costituire un connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l′intimità dei rapporti parentali ovvero presupposto dell′esistenza del diritto in parola, costituisce elemento probatorio utile, insieme ad altri, a dimostrare l′ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti ed a determinare anche il quantum debeatur". Sicché, "In tema di danno parentale, l′assenza del requisito della convivenza non può essere di per sé considerato un elemento sufficiente per escludere il risarcimento del danno per la morte di un parente in un incidente stradale. Sussiste il danno parentale, pertanto, anche in assenza di convivenza". Difatti, "In materia di danno risarcibile per la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei al nucleo familiare ristretto, sebbene sia opportuno scongiurare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, non può essere accolto l′assunto per il quale il dato esterno ed oggettivo della convivenza possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l′aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilità di provare in concreto l′esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto" . L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da: Background vector created by upklyak - www.freepik.com