14-03-2023

Concorrenza nel mercato UE: i comportamenti adottati da intermediari facenti parte della rete di distribuzione di un′impresa produttrice in posizione dominante possono essere imputati a quest′ultima, qualora si dimostri che erano tenuti ad agire in virtù delle sue direttive

Le autorità garanti devono dimostrare la capacità delle clausole di esclusiva di limitare la concorrenza e sono tenute ad esaminare le analisi economiche prodotte dall′impresa denunziata

La Corte di Giustizia dell′Unione Europea, con la sentenza del 19/01/2023, n.680, emessa a conclusione del giudizio C-680/20 ha fornito la corretta interpretazione dell′art.102 del Trattato sul funzionamento dell′Unione Europea (TFUE) in presenza di comportamenti anticoncorrenziali adottati non direttamente da un′impresa in posizione dominante, bensì da intermediari che appartengono alla sua rete di distribuzione. Prima di analizzare la vicenda, è opportuno ricordare che l′art.102 del TFUE sancisce che è vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra gli Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di un′impresa di una posizione dominante sul mercato interno o di una parte sostanziale di esso. Un′impresa gode di posizione dominante quando possiede un potere economico tale da attribuirgli la titolarità di una grossa quota di mercato del settore di sua competenza, che le permette di poter agire indipendentemente dalle possibili reazioni di concorrenti, clienti e consumatori. Non è vietato, di per sé, che un′impresa goda di una posizione dominante nel mercato, giacché è solo l′abuso di detta posizione ad esserlo; ciò si verifica quando si sfrutta detta situazione al fine di impedire ai concorrenti di poter operare sul mercato. Orbene, la vicenda analizzata dalla Corte vedeva protagonisti, da un lato, la Unilever Italia Mkt.Operations s.r.l. (in seguito solo Unilever), dedita alla fabbricazione e commercializzazione di beni di largo consumo, dall′altro, l′Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo, AGCM); in particolare, quest′ultima sanzionava la suddetta società per abuso di posizione dominante sul mercato italiano di gelati in confezioni individuali destinati ad essere consumati all′esterno, ad esempio presso bar, stabilimenti balneari, piscine etc., distribuiti dalla Unilever tramite una rete di oltre 150 intermediari. L′AGCM, compulsata da una società concorrente che sporgeva formale denuncia nei confronti di Unilever, irrorava la sanzione per violazione dell′art. 102 TFUE all′esito di una complessa attività istruttoria nel corso della quale ometteva di analizzare gli studi economici prodotti dalla società denunciata che avrebbero dimostrato, a dire della stessa, che la prassi oggetto dell′indagine non produceva effetti preclusivi nei confronti dei concorrenti altrettanto efficienti; l′AGCM riteneva ciò superfluo, in quanto l′impiego di clausole di esclusiva da parte di una impresa che trovasi in posizione dominante nel mercato rappresenta, di per sé, abuso di detta posizione. In sostanza, la prassi contestata era la seguente: la Unilever imponeva che i propri distributori facessero sottoscrivere clausole di esclusiva ai gestori dei punti vendita, di modo che si obbligassero a rifornirsi esclusivamente dagli stessi per quanto concerne il fabbisogno di gelati in confezioni individuali. A fronte di ciò, gli operatori beneficiavano di sconti e commissioni a titolo di corrispettivo ,subordinatamente, però, al conseguimento di un certo fatturato o commercializzazione di una determinata gamma di prodotti. Insomma, tali sconti e tali commissioni, che si applicavano alla quasi totalità dei clienti-distributori della Unilever, avrebbero mirato a indurre questi ultimi a continuare a rifornirsi esclusivamente presso tale società, dissuadendoli dal risolvere il loro contratto per rivolgersi ad altri concorrenti. Sebbene le clausole di esclusiva venivano fatte sottoscrivere ai gestori dei punti vendita non direttamente dalla Unilever, bensì dai suoi distributori, l′AGCM riteneva, in ogni caso, detta prassi direttamente imputabile alla stessa, giacché aveva costituito con i distributori un′unica entità economica; in ultima analisi, le interferenze della Unilever sulle politiche commerciali dei suoi distributori avevano comportato che questi venissero in concreto privati della loro libertà di scelta. Per conseguenza, secondo l′AGCM, la prassi adottata dalla Unilever influenzava fortemente il mercato della distribuzione di gelati in confezioni individuali escludendo o quantomeno limitando la possibilità per gli operatori concorrenti di esercitare una concorrenza fondata sui meriti dei loro prodotti. In conseguenza del provvedimento sanzionatorio, la Unilever proponeva ricorso innanzi al TAR del Lazio, che lo rigettava integralmente; sicché, impugnava la decisione innanzi al Consiglio di Stato. La Unilever riteneva che l′AGCM avrebbe dovuto considerare, da un lato, che i comportamenti tenuti dai suoi distributori non sono imputabili alla stessa, dall′altro, che gli effetti prodotti da tali comportamenti non sono stati, in ogni caso, idonei a falsare la libera concorrenza. Alla luce di tali censure, il Consiglio di Stato nutriva dubbi circa la corretta interpretazione del diritto dell′Unione, pertanto, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell′Unione Europea: 1) quali sono i criteri rilevanti per stabilire se il coordinamento contrattuale tra operatori economici formalmente autonomi e indipendenti dia luogo ad ununica entità economica ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE, soffermandosi, in modo particolare, sul caso specifico relativo al rapporto produttore distributore; a tal fine, stabilire se una semplice ingerenza sulle scelte commerciali del distributore esercitata dal produttore sia sufficiente a qualificare tali soggetti come parte della medesima unità economica oppure se sia necessaria la sussistenza di un rapporto gerarchico tra di essi, formalizzato attraverso strumenti negoziali, richiedendosi quindi da parte dellAutorità di concorrenza competente la prova di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie, strategiche e finanziarie del distributore; 2) se, al fine di valutare la sussistenza dell′abuso di posizione dominante sul mercato attuato mediante clausole di esclusiva, l′art.102 TFUE vada interpretato nel senso che prevede l′obbligo da parte dell′autorità di concorrenza di verificare se dette clausole comportino in concreto l′esclusione dal mercato delle imprese concorrenti altrettanto efficienti, esaminando, in modo particolare, le analisi economiche prodotte dall′operatore economico sottoposto a procedimento antitrust; oppure se, in caso di clausole di esclusiva escludenti i concorrenti o di condotte connotate da una molteplicità di pratiche abusive (sconti fidelizzanti e clausole di esclusiva), non ci sia alcun obbligo giuridico per l′AGCM di fondare la contestazione dell′illecito antitrust sul criterio del concorrente altrettanto efficiente e di esaminare pertanto le analisi economiche prodotte dal soggetto sottoposto a procedimento. Superate in via preliminare le questioni inerenti la ricevibilità dei quesiti, che, la Corte di Giustizia circoscrive all′art. 102 TFUE, l′unico in effetti oggetto di contestazione da parte dell′AGCM, il giudice europeo, nel merito, rileva in primis che effettivamente i comportamenti contestati erano stati posti in essere dai distributori connessi alla rete commerciale della Unilever e non da quest′ultima; onde rispondere al primo quesito è necessario, quindi, comprendere se la corretta interpretazione dell′art.102 TFUE impone di considerare tali comportamenti addebitabili, comunque, alla Unilever ed eventualmente a quali condizioni. In particolare, occorre chiedersi se un coordinamento contrattuale imposto da un produttore in posizione dominante ai suoi distributori, giuridicamente autonomi, è sufficiente ex se ad imputare alla prima i comportamenti abusivi dei secondi o se è necessario, altresì, che il produttore eserciti sui distributori un′influenza determinante ed unilaterale sulle loro decisioni commerciali, finanziarie ed industriali, che vada ben oltre quella che caratterizza i meri rapporti di collaborazione. A tal riguardo, il giudice europeo prende atto che, in concreto, il pregiudizio alla leale e corretta concorrenza può essere determinato non solo da comportamenti diretti della impresa in posizione dominante, ma anche da comportamenti la cui attuazione sia stata delegata da tale impresa a soggetti giuridici indipendenti, tenuti ad eseguire le sue istruzioni. Pertanto, qualora l′atto lesivo della concorrenza sia materialmente attuato tramite un intermediario che fa parte di una rete di distribuzione, tale comportamento può essere imputato all′impresa in posizione dominante qualora risulti che esso è stato adottato conformemente alle istruzioni specifiche impartite da questultima, cui i distributori interessati sono tenuti a conformarsi. In questa circostanza, la impresa in posizione dominante sarà l′unica responsabile del comportamento abusivo, essendo gli intermediari dei meri strumenti attuativi delle scelte imposte da essa. Ciò si verifica, in particolar modo, quando il produttore predispone contratti tipo contenenti clausole di esclusiva a vantaggio dei suoi prodotti, che i distributori devono necessariamente sottoporre ai gestori dei punti vendita senza possibilità di modifica; in tal caso, la Corte di Giustizia afferma che la imputabilità del comportamento dei distributori al produttore non è subordinata né alla dimostrazione che i distributori interessati facciano parte anche di tale impresa, né all′esistenza di un vincolo gerarchico risultante da una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo destinati a tali distributori. Alla luce di tanto, la Corte UE in risposta al primo quesito statuisce quindi che l′articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che i comportamenti adottati da distributori facenti parte della rete di distribuzione dei prodotti o dei servizi di un produttore che gode di una posizione dominante possono essere imputati a quest′ultimo, qualora sia dimostrato che tali comportamenti non sono stati adottati in modo indipendente da detti distributori, ma fanno parte di una politica decisa unilateralmente da tale produttore e attuata tramite tali distributori. In merito alla seconda questione, ovvero se, in presenza di clausole di esclusiva nei contratti di distribuzione, l′art. 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che le autorità garanti, per accertare l′abuso di posizione dominante, siano tenute a dimostrare l′idoneità di dette clausole ad escludere dal mercato imprese altrettanto efficienti e se, altresì, sussista l′obbligo di esaminare le analisi economiche prodotte dal soggetto sottoposto a procedimento fondate sul criterio del concorrente altrettanto efficiente la Corte osserva quanto segue. In primis, ricorda che l′articolo 102 TFUE non vieta ad una impresa di acquisire una posizione dominante su un determinato mercato, atteso che sono gli stessi principi della leale e libera concorrenza a prevedere l′ipotesi che concorrenti non efficienti o comunque non competitivi (ad esempio per qualità del prodotto, prezzo, innovazione etc.) possano essere emarginati e, in ultima analisi, esclusi; ciò che è vietato è l′abuso di tale posizione, ovvero quella condotta che, in violazione della libera e leale concorrenza nel mercato interno, fondandosi su mezzi diversi dai meriti, impedisca ad imprese di efficienza almeno pari di operare (all′uopo, vedasi sentenza 12/05/2022, Servizio Elettrico Nazionale e a, C-377/20, EU:C:2022:379, punti 69, 71, 75 e 76). Sicché, compito delle autorità garanti della concorrenza è di tutelare il libero mercato, dimostrando il carattere abusivo di un comportamento alla luce di tutte le circostanze rilevanti, ivi comprese quelle messe in evidenza dalle prove portate dalla impresa in posizione dominante. L′onere incombente sulle autorità non si concretizza nel dimostrare che effettivamente il comportamento contestato abbia prodotto effetti anticoncorrenziali, poiché l′art. 102 TFUE sanziona semplicemente lo sfruttamento abusivo della posizione dominante, indipendentemente dall′esito fruttuoso o meno di tale sfruttamento; l′onere in questione si esplica quindi nel dovere di dimostrare, tramite prove tangibili, la capacità effettiva della prassi contestata di pregiudicare la leale concorrenza, tenuto conto delle caratteristiche e dello scenario concreto del mercato rilevante, risolvendosi ogni ipotesi di dubbio a favore della impresa sottoposta a procedimento (sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C-549/10 P, EU:C:2012:221, punto 18, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 72; sentenze del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 265, e del 31 marzo 1993, Ahlstrm Osakeyhti e a./Commissione, C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, EU:C:1993:120, punto 126). Tra gli elementi da prendere in considerazione, può avere rilievo anche l′intento anticoncorrenziale perseguito dalla impresa; tuttavia, precisa la Corte UE, esso ha solo valore indiziario, potendo, al più, incidere sulla determinazione dell′entità dell′ammenda; ciò in quanto la nozione di sfruttamento abusivo prevista dall′art.102 TFUE si fonda su una valutazione oggettiva del comportamento contestato (all′uopo, vedasi sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C-549/10 P, EU:C:2012:221, punti 19 e 21, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punti 61 e 62). Fatta questa premessa di carattere sistematico sulla natura e oggetto della prova che deve offrire l′autorità garante, la Corte esamina come in tale contesto si vadano ad inserire le cd. clausole di esclusiva. In linea di principio, nella giurisprudenza più risalente della corte europea, l′utilizzo di clausole di esclusiva, tramite le quali determinati operatori economici si obbligano a rifornirsi per la totalità o per una parte considerevole del loro fabbisogno presso un′impresa in posizione dominante, rappresenta una prassi integrante abuso di posizione dominante, sia essa accompagnata da sconti o meno (sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 89). Epperò nella nota sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 138) la Corte ha precisato che allorquando nel corso del procedimento amministrativo la impresa in posizione dominante abbia prodotto prove a sostegno della mancata esistenza di effetti preclusivi della concorrenza, l′autorità garante è tenuta ad analizzare da una parte, la portata della posizione dominante dellimpresa sul mercato rilevante e, dallaltra, la misura in cui la prassi contestata copre il mercato, nonché le condizioni e le modalità di concessione degli sconti in questione, la loro durata e il loro importo, ma è anche tenuta a valutare leventuale esistenza di una strategia volta a escludere i concorrenti che siano efficienti almeno tanto quanto limpresa dominante (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 139). Infatti, un sistema di sconti, pur in linea di principio vietato dall′art.102 TFUE, può essere oggettivamente giustificato perché ad esempio gli svantaggi al sistema concorrenziale sono controbilanciati da benefici a favore dei consumatori. Per tale motivo nel caso Intel/Commissione la Corte UE, nella ponderazione degli effetti positivi e negativi del comportamento contestato alla impresa in posizione dominante, ha precisato l′onere dell′autorità di vigilanza di esaminare le prove prodotte dalla impresa sottoposta a procedimento, dando valore probatorio alle analisi fondate sul concorrente altrettanto efficiente. Ebbene, nella sentenza che in questa sede si commenta, la Corte UE ripropone il ragionamento di cui sopra alla condotta contestata alla Unilever dalla AGCM, la quale si caratterizzava dalla imposizione di clausole di esclusive accompagnate da un sistema di sconti, atteso che, da un lato, gli effetti svantaggiosi per la concorrenza possono essere controbilanciati da benefici a favore dei consumatori, dall′altro, la capacità di esclusione dei concorrenti delle clausole di esclusiva non è automatica. Alla luce di tanto, la Corte perviene alla conclusione che quando è contestata la violazione dell′art.102 TFUE per l′imposizione di clausole di esclusiva e l′impresa sottoposta a procedimento produca elementi di prova a suo favore, l′autorità garante deve accertare che tali clausole avessero la effettiva capacità di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti; in ogni caso, la produzione, nel corso del procedimento, di prove idonee a dimostrare linidoneità a produrre effetti restrittivi e/o, a generare benefici nel mercato rilevante fa sorgere lobbligo, per detta autorità garante della concorrenza, di esaminarle con cura ed imparzialità. Pertanto, appare evidente che nel caso di specie la AGCM non si era conformata ai principi di cui sopra, poiché la Unilever, aveva prodotto, nel corso del procedimento amministrativo, uno studio economico al fine di dimostrare che i suoi comportamenti non causavano effetti pregiudizievoli per la concorrenza, studio che, tuttavia, l′autorità garante aveva del tutto omesso di analizzare. Infine, la Corte si sofferma sull′utilizzo del criterio del concorrente altrettanto efficiente. Ebbene, come è noto, tale nozione ha il fine di valutare la capacità di una prassi di produrre effetti preclusivi anticoncorrenziali, facendo riferimento allidoneità di un ipotetico concorrente dellimpresa in posizione dominante, altrettanto efficiente in termini di struttura dei costi, a proporre ai clienti una tariffa tanto vantaggiosa da indurli a cambiare fornitore, nonostante gli svantaggi generati, senza che ciò porti detto concorrente a subire perdite. Tale idoneità è generalmente determinata alla luce della struttura dei costi della stessa impresa in posizione dominante. Ferma restando l′obbligo delle autorità di concorrenza di esaminare eventuali prove prodotte dalla impresa in posizione dominante fondate sul criterio del concorrente altrettanto efficiente, il suo utilizzo ai fini della decisione è del tutto facoltativo, poiché prende in considerazione solo la concorrenza dei prezzi e risulta, dunque, inadeguato in determinate circostanze, ad esempio, in presenza di prassi che non riguardano prezzi o tariffe oppure nell′ambito di un mercato tutelato da barriere elevate ; di contro, è senz′altro utile allorquando il comportamento contestato riguarda l′imposizione di clausole di esclusiva. Considerato quanto innanzi la Corte UE risponde al secondo quesito nel modo che segue: l′articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, in presenza di clausole di esclusiva contenute in contratti di distribuzione, un′autorità garante della concorrenza è tenuta, per accertare un abuso di posizione dominante, a dimostrare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti e tenuto conto, segnatamente, delle analisi economiche eventualmente prodotte dall′impresa in posizione dominante riguardo all′inidoneità dei comportamenti in questione ad escludere dal mercato i concorrenti efficienti tanto quanto essa stessa, che tali clausole siano capaci di limitare la concorrenza. Il ricorso al criterio del concorrente altrettanto efficiente ha carattere facoltativo. Tuttavia, se i risultati di un siffatto criterio sono prodotti dall′impresa interessata nel corso del procedimento amministrativo, l′autorità garante della concorrenza è tenuta a esaminarne il valore probatorio. 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