07-03-2024

La rinunzia all′eredità è un atto formale ad substantiam, da rendersi con dichiarazione innanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e va inserita nel registro delle successioni

Ne è possibile la revoca, ma non oltre l′accettazione dell′eredità da parte di altro chiamato; la revoca è soggetta alle stesse forme dell′atto di rinunzia, e non può essere espressa tacitamente

La rinunzia all′eredità, che comporta la perdita del diritto all′eredità nel momento in cui altri chiamati l′accettino, deve rivestire forma solenne. La relativa dichiarazione deve essere resa innanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, oltre a dover essere inserita nel registro delle successioni; non è configurabile una revoca tacita della rinunzia. É quanto statuito dalla Corte di Cassazione, Sez.II, con la ordinanza del 28/12/2022, n.37927. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonista Tizio, il quale conveniva innanzi al Tribunale di Nola Caio, Sempronio, Cesare e Diocleziano, rappresentando di aver curato in nome e per conto degli stessi un′operazione immobiliare culminata nella realizzazione di civili abitazioni. In particolare, l′attore, nell′interesse di tutti i comproprietari, aveva corrisposto al Comune l′importo di Lire 101.217.320. Chiedeva pertanto che i convenuti gli rimborsassero pro quota le somme anticipate nel mutuo interesse pari a Lire 11.838.798 ciascuno; in subordine ne chiedeva la condanna al pagamento del medesimo importo ai sensi dell′art. 2041 c.c.. Il Tribunale, dopo aver rilevato la cessazione della materia del contendere relativamente alla domanda avanzata nei confronti di Caio per avvenuta transazione, sottolineava che con tre distinte scritture private Sempronio e Cesare prevedevano che Tizio avrebbe assolto, nell′interesse e col pieno consenso di tutti, ogni onere anche fiscale connesso all′operazione immobiliare. Pertanto, i convenuti e con essi i loro eredi si impegnavano a rimborsare tutte le spese anticipate da Tizio, ad eccezione di Diocleziano che invece non aveva sottoscritto analoga obbligazione; le domande, pertanto, trovavano accoglimento, esclusa quella avanzata nei confronti di Diocleziano. Ciò premesso, Terenzio e Giustiniano, eredi di Sempronio e Cesare, che già in primo grado si costituivano nella qualità in seguito al decesso dei rispettivi danti causa, impugnavano la sentenza innanzi alla Corte di Appello. Vi è da aggiungere che gli stessi avevano previamente rinunziato alla eredità dei propri de cuius con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del Tribunale di Nola, competente per l′incombenza. Ebbene, il giudice di secondo grado, nel rigettare il gravame, rilevava che gli appellanti contestavano la sussistenza di prova circa la loro qualità di eredi di Sempronio e Cesare, nonostante in Tribunale, in contraddizione con quanto dedotto, si fossero affermati chiaramente eredi di questi ultimi. In effetti, analizzando gli atti di primo grado emergeva un atteggiamento ondivago e contraddittorio degli appellanti, poiché, da un lato, sostenevano di aver rinunciato all′eredità dei loro danti causa, dall′altro, si difendevano nel merito avverso le domande attoree richiamando in toto le argomentazioni dei rispettivi de cuius, e addirittura concludevano in via principale per il rigetto della domanda attrice in considerazione della sua infondatezza e, solo in via gradata, per aver essi rinunciato all′eredità; tale condotta, secondo la Corte di Appello, è incompatibile con la dichiarazione di rinuncia all′eredità, poiché rappresenta una tacita revoca della stessa. Osservava, ancora, la Corte di Appello che giustamente il Tribunale aveva accolto le domande avanzate da Tizio in virtù delle scritture private sovra menzionate, poiché tramite le stesse i convenuti si erano impegnati a rimborsare tutte le somme da lui anticipate nel loro interesse; tra l′altro, in sede di gravame si limitavano a proporre le medesime difese avanzate dai danti causa innanzi al Tribunale, senza nulla dedurre né in ordine all′interpretazione che delle scritture aveva dato il Tribunale né in ordine alla circostanza che il Comune avesse richiesto a Tizio il pagamento degli oneri e che quest′ultimi li avesse effettivamente pagati; sicché, non poteva porsi in dubbio che la corresponsione dei suddetti oneri gravasse in solido nei confronti di coloro a favore dei quali le concessioni erano state originariamente rilasciate e rispettivi eredi. Ciò posto, Terenzio e Giustiniano impugnano la sentenza della Corte di Appello innanzi alla Corte di Cassazione. I ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115, 116 e 229 c.p.c., ma soprattutto, per quanto interessa nella presente sede, per violazione e falsa applicazione degliartt. 519,521e525 c.c., in relazione all′art. 476 c.c. e all′art. 110 c.p.c.. In particolare, la censura attiene alla parte della sentenza che ha ritenuto che Terenzio e Giustiniano abbiano posto in essere comportamenti concludenti chiaramente integranti revoca della rinuncia all′eredità ed accettazione tacita della stessa. Per vero, da un lato essi lamentano che la Corte d′Appello avrebbe invertito l′onere della prova ritenendo che la legittimazione passiva dovesse essere provata dai ricorrenti stessi nonostante la loro rinuncia alle eredità. Dall′altra, si dolgono della violazione dell′art. 229 c.p.c , che attribuisce valore ai soli atti sottoscritti personalmente e direttamente dai ricorrenti, nonché degli artt. 519, 521 e 525 c.c., in combinato disposto con l′art. 476 c.c., e l′art. 110 c.p.c., avendo ritenuto sussistente un comportamento da parte dei ricorrenti inconciliabile con la volontà di rinunciare all′eredità.
I giudici di legittimità reputano fondato il ricorso, atteso che i ricorrenti avevano ritualmente rinunziato alla eredità dei propri danti causa con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del Tribunale competente, così come previsto dall′art. 519 c.c.
. A tal riguardo, la Corte territoriale ha errato nel giudicare che la costituzione in giudizio e le conclusioni ivi formulate comportassero una tacita revoca della rinunzia all′eredità mediante comportamenti concludenti espressione di tale volontà. Ciò in quanto la rinuncia all′eredità consiste in un atto giuridico unilaterale, mediante il quale il chiamato all′eredità dismette il suo diritto di accettarla. Il compimento dell′atto determina la perdita del diritto all′eredità ed il rinunciante è considerato come se non fosse stato mai chiamato (cosiddetto effetto retroattivo della rinuncia): tanto discende dalla lettera dell′istituto disciplinato dall′art. 519 c.c.. L′effetto prima indicato, tuttavia non discende dalla sola rinuncia, ma dall′avvenuto acquisto dell′eredità da parte degli altri chiamati; fino a quando ciò non si verifichi, il rinunziante può sempre esercitare il diritto di accettazione, come è specificato dall′art. 525 dello stesso codice. In considerazione di queste rilevanti conseguenze l′art. 519, già richiamato, richiede che l′atto di rinuncia sia rivestito da una forma solenne. La legge indica che essa "deve farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere (...) e inserita nel registro delle successioni. Si è affermato che, ai sensi dell′art. 519 c.c., la dichiarazione di rinunzia all′eredità non può essere sostituita neanche da una scrittura privata autenticata. La forma suddetta è a pena di nullità, in quanto l′indicazione dell′art. 519 c.c., rientra tra le previsioni legali di forma "ad substantiam", di cui all′art. 1350 c.c., n. 13, (Sez. 2, Sent. n. 4274 del 2013). Sulla scorta di tale premesse argomentative, i giudici della Corte di Cassazione ribadiscono allora il principio secondo cui "Nel sistema delineato dagli artt. 519e525 c.c., in tema di rinunzia all′eredità - la quale determina la perdita del diritto all′eredità ove ne sopraggiunga l′acquisto da parte degli altri chiamati - l′atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile" (Sez. 2, Sent. n. 21014 del 2011 e Sez. 2, Sent. n. 3958 del 2014 Sez. 3, Sent. n. 4846 del 2003). Il ricorso va quindi accolto atteso che i giudici di merito hanno reso la impugnata sentenza sull′errato presupposto che nel nostro ordinamento siano ammissibili forme di revoca tacita della rinunzia alla eredità, manifestata tramite comportamenti concludenti espressione di tale volontà. Si trae dunque da Corte di Cassazione, Sez.II, con la ordinanza del 28/12/2022, n.37927 il seguente principio di diritto: Nel sistema delineato dagliartt. 519e525 c.c., in tema di rinunzia all′eredità - la quale determina la perdita del diritto all′eredità ove ne sopraggiunga l′acquisto da parte degli altri chiamati - l′atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile. L′immagine, nel rispetto degli altrui diritti, è tratta da: Immagine di storyset su Freepik