27-03-2023

Vendita internazionale di beni mobili: la normativa applicabile è la Convenzione di Vienna del 1980.

La Convenzione, infatti, dettando una disciplina materiale uniforme, prevale sulle norme di diritto internazionale privato degli Stati contraenti, avendo carattere di specialità.

In caso di vendita internazionale di beni mobili , qualora le parti contraenti abbiano sede in Stati che hanno aderito alla Convenzione di Vienna del 1980, quest′ultima prevale sulle norme di diritto internazionale privato interno, dettando una disciplina sostanziale uniforme che ne conferisce carattere di specialità; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, Sezione Civile Seconda, con la sentenza 25/01/2018 n.1867. La fattispecie sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonista la società Alfa, la quale proponeva ricorso per decreto ingiuntivo presso il Tribunale di Busto Arsizio ai danni di Caio, titolare della omonima impresa individuale, al fine di ottenere il pagamento del prezzo per la fornitura di merce consegnata alla predetta impresa; il Tribunale accoglieva il ricorso, ingiungendo a Caio il pagamento della somma di 19.087,56. L′ingiunto, nel proporre opposizione, eccepiva di non aver mai richiesto né ricevuto la merce in oggetto e che, in ogni caso, gli ordinativi erano stati effettuati da altra società Gamma; di contro, la società Alfa deduceva che gli ordinativi erano comunque riconducibili alla impresa individuale di Caio, poiché lo stesso aveva effettuato, in modo tra l′altro confusionario, ordini cumulativi per entrambe le imprese, utilizzando indifferentemente sia il proprio identificativo fiscale che quello della Gamma; osservava comunque che gli ordini di cui all′opposto decreto ingiuntivo erano effettuati sempre con l′identificativo fiscale della impresa individuale Caio. Il Tribunale rigettava l′opposizione confermando il decreto ingiuntivo, sicché Caio impugnava la sentenza innanzi alla Corte di Appello, producendo, tra l′altro, nuova documentazione relativa alle forniture dalla quale, a suo dire, avrebbe dovuto evincersi che la società Gamma era stata costituita in Germania e che, pertanto, in virtù della Legge n.218 del 1995 la normativa da applicarsi era quella nazionale del luogo in cui la società era stata costituita, ovvero quella tedesca; alternativamente, invocando la lex contractus, riteneva parimenti che la legge applicabile fosse comunque quella tedesca dal momento che gli ordinativi recavano la locuzione "Es gilt das Recht der BRD", ovvero testualmente: la legge applicabile è quella della Repubblica Federale Tedesca. La Corte di Appello rigettava il gravame reputando, da un lato, inammissibile la nuova produzione documentale ex art. 345 c.p.c., dall′altro, formulata in termini estremamente generici la censura in ordine alla legge applicabile; ad ogni modo, il debito di cui all′opporsto d.i. era pertinente alla impresa individuale Caio. Ciò stante, quest′ultimi proponeva ricorso per Cassazione. Per quanto di interesse nella presente sede, assume rilievo la doglianza sollevata dal ricorrente in ordine alla mancata e/o errata individuazione da parte del giudice del merito della legge applicabile, atteso che i criteri di cui alla l. 218/1995, e segnatamente il suo art. 14, avrebbero dovuto, a suo dire, senz′altro condurre all′applicazione del codice commerciale tedesco. In effetti, argomentava il ricorrente, considerato che la fattispecie concreta presentava elementi di internazionalità, il giudice di merito aveva l′obbligo di applicare le norme di conflitto di cui alla l. n.218 del 1995, a mente delle quali il rapporto dedotto avrebbe dovuto essere disciplinato dal codice commerciale tedesco; da ciò discendeva una violazione da parte del giudice di merito delle regole di ermeneutica previste dalla normativa germanica, la cui corretta applicazione avrebbe senz′altro portato a ritenere che il contratto era sorto con la società Gamma e non con la impresa individuale Caio. A tal riguardo, la Corte di Cassazione, esaminando le sollevate censure, reputa che la sentenza del giudice d′Appello, pur essendo corretta nel merito avendo rigettato il gravame proposto, vada modificata sotto il profilo della motivazione, non condivisibile nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la doglianza relativa alla legge regolatrice del rapporto in mancanza della specifica indicazione delle disposizioni straniere applicabili. Osserva in merito la Corte di legittimità che è obbligo del giudice ricercare, d′ufficio, le fonti del diritto e che tale obbligo va riferito anche alle norme giuridiche degli ordinamenti stranieri, se del caso individuate con gli strumenti di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 14 e per la cui acquisizione è possibile ricorrere a qualsiasi mezzo, senza che sussista, in capo alla parte che la invochi, alcun onere di indicazione nè di allegazione documentale. Del resto, la puntuale individuazione della legge applicabile sfugge a qualsiasi preclusione, trattandosi di un dovere officioso del giudice in attuazione del principio iura novit curia. Ebbene, proprio in relazione alla legge applicabile, la Corte di Cassazione evidenzia l′error in cui è incorso lo stesso ricorrente, dacché la disciplina dei rapporti dedotti in giudizio va individuata privilegiando, laddove esistenti, norme di diritto sostanziale e non disposizioni di diritto internazionale privato. Nel caso di specie, non v′è dubbio che la questione posta all′attenzione della Giustizia presenti evidenti elementi di internazionalità, posto che la controversia verte su un rapporto di fornitura di beni mobili tra una società con sede in Italia ed altro soggetto economico avente sede in Germania. In merito, rileva la Corte che già prima facie la disciplina del rapporto in questione sembra trovare la propria sede in una fonte di diritto materiale uniforme, ovvero la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980 (la cd. CISG), ratificata con L. 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1988. Precisa la Corte che la preferenza per la Convenzione delle Nazioni Unite rispetto alle norme di diritto internazionale privato "si fonda essenzialmente su un giudizio di prevalenza del diritto materiale uniforme rispetto a tali ultime norme... ...Il diritto materiale uniforme, infatti, presenta per definizione carattere di specialità, poichè risolve direttamente il problema della disciplina della fattispecie, ovvero evitando il doppio passaggio consistente dapprima nell′individuazione del diritto applicabile prima e, quindi, nell′applicazione dello stesso, come deve necessariamente accadere quando si fa ricorso alle regole del diritto internazionale privato". A ben vedere, il rapporto oggetto del giudizio trova la sua genesi in un contratto di compravendita di beni mobili sussumibile nel tipo definito dalla Convenzione stipulato tra due operatori economici aventi sede in due differenti Stati, entrambi contraenti della stessa. Pertanto, rileva la Corte, tutti gli elementi del caso di specie conducono all′applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980. Ciò posto, deve tuttavia osservarsi che l′art. 6 della medesima Convenzione faculta le parti del contratto di escluderne l′applicazione e che la giurisprudenza, italiana e straniera, ammette da tempo la possibilità di procedere a tale esclusione anche in modo tacito, ovvero mediante l′indicazione nel contratto di elementi significativi della volontà di assoggettarlo ad una diversa disciplina legale. Epperò, come giustamente sottolineato dalla stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza qui commentata, tali elementi devono dimostrare in maniera chiara ed inequivocabile che le parti avevano la consapevole intenzione di escludere l′applicazione della Convenzione. Sulla scorta di tali principi, la Corte di Cassazione esamina la locuzione apposta sui moduli d′acquisto "Es gilt das Recht der BRD" (letteralmente: la legge applicabile è quella della Repubblica Federale di Germania), reputandola inidonea a dimostrare la consapevole volontà di escludere l′applicazione del CISG in virtù del fatto che pure la suddetta Convenzione Internazionale è parte integrante dell′ordinamento tedesco, così come d′altra parte di quello Italiano. Del resto, la unanime giurisprudenza reputa che la mera indicazione della legge nazionale non è sufficiente ai fini dell′applicazione del solo diritto domestico. Tutto quanto innanzi induce la Corte, nella sentenza n. 1867 del 25/01/2018 che qui si commenta, a rigettare il ricorso proposto da Caio, il quale, in buona sostanza, era rivolto a dimostrare che il rapporto oggetto di controversia doveva essere regolamentato dal codice commerciale tedesco. Nondimeno, le motivazioni della sentenza del giudice di appello, corretta nel merito, vanno modificate nel senso che la fonte regolatrice del rapporto sub iudice va indubbiamente individuata nella cd. CISG. Conclusivamente, non mancando la Cassazione di sottolineare che l′art. 79, comma 1, della Convenzione, laddove prevede che "una parte non è responsabile per inadempimento di una sua obbligazione se prova che l′inadempimento era dovuto ad un impedimento derivante da circostanze estranee alla sua sfera di controllo, e che non era ragionevolmente tenuto a prevedere al momento della conclusione del contratto o ad evitare o a superarne le conseguenze", enuncia un criterio generale in materia di ripartizione dell′onere della prova, conforme alla regola secondo cui onus probandi incumbit ei qui dicit, e che il giudice del merito ha correttamente apprezzato e valutato le prove comunque offerte dal ricorrente, si trae da Cass., sez. II, 25/01/2018 n.1867, il seguente principio di diritto: Ove sia dedotta in giudizio un′obbligazione nascente da vendita internazionale, tra le parti contraenti deve farsi riferimento alla Convenzione di Vienna sulla vendita di cose mobili dell′11 aprile 1980 (resa esecutiva con la l. n. 765 del 1985), che, dettando una disciplina sostanziale uniforme, si applica a prescindere dalle norme di diritto internazionale privato degli Stati contraenti, poiché il diritto materiale uniforme ha carattere di specialità, in quanto risolve direttamente il problema della regolamentazione della fattispecie, evitando il doppio passaggio consistente nell′individuazione del diritto applicabile e, quindi, nell′applicazione dello stesso, in conformità alle regole del diritto internazionale privato (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il richiamo all′applicazione della legge tedesca operato dalle parti sugli ordini d′acquisto, non fosse idoneo ad escludere l′operatività della Convenzione che costituisce parte integrante dell′ordinamento della Repubblica Federale tedesca).